La Retorica come costante del fascismo.

Ah, finalmente un momento di rara sintonia con il Professor Barbero – evento più raro di un selfie senza filtro di un politico italiano. Ma quando capita, capita. E questa volta il buon Alessandro ci regala una perla: il fascismo e la retorica sterile, un binomio più inseparabile di “spread e ansia da tg1”.

Mitragliatrici e Genialità: Quando l’Esercito Italiano Giocava a “Fai Da Te” Strategico

Immaginate la scena: Prima Guerra Mondiale, le trincee sono un pantano di fango, pidocchi e disperazione, e il Comando Supremo italiano – invece di seguire il manuale come dei normali, noiosi professionisti – decide che le mitragliatrici vanno piazzate “in modo geniale”.

Traduzione: “Buttatele lì, tanto Dio ci ama e il nemico è miope”.

Ecco, questa è la retorica della sterilità eroica – quella che trasforma l’incompetenza in “visione rivoluzionaria”, l’improvvisazione in “genio tattico”, e la carneficina in “glorioso sacrificio per la Patria”.

Un classico dell’Italia che non legge le istruzioni, perché “tanto ci arrangiamo”. Spoiler: non ci si arrangia mai.

Il Fascismo e l’Arte di Dire Cavolate con Stile

Barbero ci ricorda che il regime amava circondarsi di parole gonfie e vuote, come un influencer che riempie i post di hashtag profondi (#Vita #Successo #Respiro) salvo poi vivere di sponsorizzazioni di tisane detox.

E così, la retorica diventa un’arma ancora più letale delle mitragliatrici mal piazzate: perché mentre le pallottole uccidono corpi, le parole vuote uccidono il senso critico.

Morale della Favola (Per Chi Non L’Avesse Ancora Capito)

Se c’è una cosa che la storia ci insegna – e che Barbero ogni tanto ci ricorda – è che:

  1. Le parole senza sostanza sono il precursore delle tragedie.
  2. Chi urla “Genio!” invece di chiedere” Qual e' il tuo piano” di solito sta per mandare qualcuno a morire male.
  3. L’Italia ha un talento unico per trasformare i disastri in *“opere di ingegno”* (es: la Sconfitta di El Alamein).

Quindi, la prossima volta che sentite un leader parlare di “soluzioni rivoluzionarie”, controllate dove ha messo le mitragliatrici. Potreste salvargli la vita. O, almeno, la dignità.


“Tagliamo gli sprechi!” – Ovvero, come salvare l’economia distruggendola con un sorriso

Ah, il mantra della “spending review”, quella magica formula che ogni governo sventola come un talismano, convinto che basti urlare “tagliamo gli sprechi!” per trasformare l’Italia in una Svizzera efficiente e senza debito pubblico. Peccato che, come al solito, nessuno abbia il coraggio di dire cosa tagliare davvero – perché, sorpresa, quello che per lo Stato è “spreco”, per qualcun altro è il pranzo, la cena e le vacanze alle Maldive.

1. “Tagliamo gli sprechi!” – Sì, ma quali? Quelli che fanno comodo a voi?

Immaginate un politico che, con aria da crociato dell’austerity, annuncia: “Basta con i soldi pubblici sprecati!”. Applausi. Standing ovation. Poi però, quando si tratta di dire dove tagliare, improvvisamente:

E allora cosa resta da tagliare? Le matite degli uffici pubblici? Le macchinette del caffè? I bagni delle scuole, perché “tanto i ragazzi bevono poco”?

2. Lo “spreco” è solo il rovescio del “lauto guadagno”

Ecco la verità scomoda: quello che lo Stato chiama “spreco” è semplicemente il profitto di qualcun altro.

E allora, tagliare gli sprechi significa inevitabilmente tagliare i profitti di qualcuno – e non necessariamente quelli dei “fannulloni pubblici”, ma spesso quelli di aziende private che campano proprio grazie alla spesa pubblica gonfiata.

3. “Ma noi vogliamo solo tagliare il superfluo!” – Certo, come no

Il problema è che il “superfluo” non esiste in astratto.

Morale: prima di urlare “tagliamo!”, bisogna avere il coraggio di dire COSA

Cioe' di uscire dalla retorica.Finché si parla di “sprechi” in generale, tutti sono d’accordo. Ma quando si tratta di dire chi perderà davvero i soldi, improvvisamente nessuno ha più la faccia tosta di andare avanti.

E allora, cari economisti da talk show, prima di ripetere come pappagalli “occorre tagliare la spesa!”, forse dovreste rispondere a una semplice domanda:

“Ma di preciso, qual e' il piano che ha in mente?”


“Riforme a costo zero”: la magia nera degli economisti da talk show

Ah, le “riforme a costo zero”, la versione politica del “dimagrisci senza dieta né sport” o del “diventa ricco mentre dormi”. È buffo come gli stessi personaggi che pontificano ai giovani sul “nulla si ottiene senza sacrificio” siano poi i primi a sfornare, con faccia seria, questa leggenda metropolitana istituzionale.

Perché, vedete, se sei un cittadino qualunque, la vita è dura: vuoi un mutuo? Devi dimostrare di poterlo pagare. Cerchi un lavoro? Devi avere competenze. Speri in una pensione? Prepariati a versare contributi per decenni. Ma se sei un esperto televisivo o un ministro, le regole cambiano: basta un decreto, una firma, una bella slide in PowerPoint, ed ecco che – puff! – riforma a costo zero, e i soldi piovono gratis.

La favola della bacchetta magica legislativa

Il trucco sta in quel “a costo zero”, che in realtà significa solo:

Perché questa retorica piace tanto?

Perché non obbliga nessuno a fare i conti con la realtà.

pubblico annuisce convinto, come se davvero bastasse cambiare un articolo del codice per rivoluzionare un Paese.

La verità che nessuno vuole ammettere

Non esistono riforme a costo zero, esistono solo costi nascosti e conseguenze rinviate. Quando qualcuno cerca di vendertene una, sta semplicemente:

Morale? La prossima volta che sentite parlare di “riforma a costo zero”, sostituite mentalmente l’espressione con “abbiamo trovato il modo di prenderci in giro da soli”. Funziona meglio.

Oppure chiedete: “si, ma di preciso qual e' il tuo piano”?

Se qualcuno lo avesse chiesto a chi prometteva di risolvere la Guerra in Ukraina in 24 ore, molte cose sarebbero cambiate.


Fact-Checking: L’Autogol più Grottesco dell’Era Digitale

Eccola, la contraddizione più succulentamente idiota del nostro tempo:

Per combattere le menzogne che nascono e si diffondono su Internet, abbiamo creato un esercito di controllori che... usano Internet per correggerle.

È come se, per disinfettare un pozzo avvelenato, ci pisciassimo dentro. Ma con metodo scientifico, grafici colorati e un’aura di saccente superiorità morale.


La vera notizia sarebbe che non esiste piu' un vero giornalismo. I giornali sono pieni di blogger attaccati alle agenzie, e a google.

Di fronte ad una notizia letta su internet, vanno su internet e cercano di capire se sia vera.

In breve, quando esistono delle fake news su internet, e si diffondono su internet, e qualcuno, usando internet, va a verificare che sono false, e poi ci consiglia attraverso internet di non credere a tutto quello che leggiamo su internet.

E nessuno trova nulla di strano in questo metodo.


Retorica Vuota: L'Anticamera del Fascismo (con tanto di Tappeto Rosso e Buffet)

Sì, avete letto bene. Quando la politica smette di essere sostanza e diventa una sequenza di slogan ripetuti a pappagallo, non siamo più nel campo della democrazia, ma in quello del fascismo che si annusa l’aria e si prepara a fare il suo ingresso trionfale.

E qui, purtroppo, Barbero ha ragione. Perché il fascismo non è arrivato nel ’22 con una marcia improvvisa, ma con anni e anni di chiacchiere vuote, di parole gonfiate, di promesse impossibili, di “bisogna fare qualcosa!” senza mai dire cosa, di “serve una rivoluzione morale!” senza mai specificare chi dovrebbe essere fucilato.

E nessuno che chieda mai “ma di preciso, qual e' il piano che hai in mente”?


Tagliare gli Sprechi vs. Mitragliatrici Geniali: Stessa Farsa, Epoche Diverse

La differenza? Nessuna. In entrambi i casi:

  1. Si usa un linguaggio vago e grandioso (“genio italico”, “taglio epocale”)
  2. Si nasconde l’assenza totale di un piano concreto
  3. Si scaricano i costi su qualcun altro (i soldati di leva, i cittadini che perderanno servizi)

È la retorica del “fare senza fare”, del parlare per non dire nulla, dell’agitarsi per non risolvere.


“Questione Morale”: L’Ultimo Grido Prima del Silenzio

E poi c’è la versione più patetica di tutte: la retorica della “moralizzazione”. Quella in cui:

Perché il fascismo non nasce dai dittatori, ma dalle chiacchiere di chi gli prepara la strada.

Il fascismo culturale non e' altro che l'obbligo di prendere queste scatole vuote e accettarle senza aprirle per vedere cosa c'e' dentro.


Morale: Quando Sentite Troppa Retorica, Preparatevi al Peggio

E a giudicare dalla retorica che si sente, siamo messi male.

Propongo quindi di spostare la Francia tre metri a Nord, per fare spazio ad una bella libreria, e di colorare di giallo la Repubblica Ceca, perche' fa piu' luce.

E fatelo in fretta, perche' abbiamo aspettato quarant'anni: ora basta!

Uriel Fanelli


Il blog e' visibile dal Fediverso facendo il follow a: @uriel@keinpfusch.net

Contatti: