Ah, i controdazzi (perche' l'accento romagnolo rulezz).
Dopo aver parlato di dazzi (accento romagnolo rigorosamente attivato), per pura coerenza tocca ai controdazzi. Perché, diciamocelo, l’Italia ha un talento innato per trasformare qualsiasi scontro in una guerra tra fazioni. Da una parte i calabraghe, dall’altra gli eroi da divano. E no, non ho particolari simpatie per nessuno dei due. Il primo gruppo è specializzato nell’arte millenaria dell’alzare le spalle e mormorare “eh vabbè”, mentre il secondo si dedica con zelo olimpico all’attivismo da tastiera, conditi da proclami infuocati e rivoluzioni rigorosamente organizzate senza alzarsi dal cuscino. E quindi, parliamo di controdazzi. Perché se c’è una cosa che questo paese sa fare bene, oltre a dividersi su tutto, è trovare il modo di rendere ogni discussione più grottesca del dovuto.
Posso accettare l’idea che se lasci fare il bullo, quello si sentirà autorizzato a essere ancora più bullo. Verissimo. Ne ho avuto esperienza diretta anche io, ai tempi della scuola. Cioè, in gioventù. Tanto, tanto tempo fa. Insert grin here.
Però, nell’eroismo futurista dei cinesi – “lotteremo fino all’ultimo” – nel cazzodurismo canadese e nella stravagante strategia iperintellettuale europea, faccio fatica a trovare qualcosa di veramente razionale. Perché sì, siamo ufficialmente arrivati alla Grande Scazzottata. Ma quando i contendenti non sono più singoli individui, bensì blocchi continentali con arsenali, economie e milioni di vite in ballo, forse dovremmo fare uno sforzo per andare oltre la logica della scazzottata da bar. Magari, dico magari, potremmo smettere di ragionare solo in termini di “quanto male riesco a fare a quel bastardo” e iniziare a pensare a qualcosa di vagamente più utile. Così, giusto per provare.
Il problema dei controdazzi è che sono pensati per menare forte gli USA. E fin qui, nulla di nuovo. Quelli europei, poi, si spingono persino oltre: con la loro proverbiale raffinatezza, mirano direttamente agli stati repubblicani, così da infliggere un danno più preciso, più chirurgico. Elegante, sofisticato, quasi artistico.
Tutto molto bello, se non fosse che continuiamo a ragionare solo in termini di “quanti brutti cazzotti possiamo mollare al bullo”. E qui sorge il problema: se il bullo è davvero grosso – e diciamocelo, questo lo è – allora tutte le nostre geniali strategie rischiano di rivelarsi fallimentari nel lungo periodo. A meno che, e dico a meno che, non ci venga in mente di smettere di giocare alla scazzottata e iniziare a pensare a qualcosa che funzioni davvero sul lungo termine. Così, tanto per cambiare.
Proviamo a fare qualcosa di più intelligente. Qualcosa che vada oltre il riflesso pavloviano del “se mi dai un pugno, te ne do due”. Prendiamo ispirazione da Jigoro Kano, l’inventore del Judo, che aveva un’idea piuttosto rivoluzionaria: non applicare una tecnica solo perché fa male all’avversario, ma perché ci avvantaggia. Non contro l’avversario, ma a nostro favore.
Ora, applichiamo questo principio alla guerra commerciale e confrontiamo due approcci.
L’approccio attuale: “Faremo un dazio commerciale del 25% su tutti i veicoli di Harley Davidson.” Traduzione: “Ti ho visto, bullo! Ti tiro un cazzotto forte forte sulla mascella!” Fine.
L’approccio da Judo: “Faremo un dazio commerciale del 25% su tutti i veicoli di Harley Davidson, e con quei soldi finanzieremo la detassazione di, che so, Moto Guzzi.”
Nel primo caso, l’unico risultato certo è che il bullo si incazza e probabilmente rilancia. Nel secondo caso, non solo restituiamo il colpo, ma lo facciamo in un modo che ci rende più forti. Non per vincere contro qualcuno, ma per vincere noi. E ogni giorno che passa del braccio di ferro, noi diventiamo piu' forti e loro piu' deboli.
Che dite, proviamo a smettere di fare i rissosi da bar e iniziamo a ragionare?
Il secondo approccio, se vogliamo metterla sul piano delle arti marziali, sta al primo come una Juji-gatame (una leva al braccio che immobilizza l’avversario con le gambe) sta a un Hadaka-jime, uno strangolamento. In entrambi i casi vinci, ma nel secondo… cede lui. Perche' col tempo, lo strangolamento diventa sempre piu' ... un problema.
Cosa significa? Se imposto un dazio su Harley Davidson, quello che può succedere è che la casa di Milwaukee perda quote di mercato. Ma a favore di chi? Magari di Indian Motorcycle, che, diciamocelo, produce motociclette che sembrano le Harley dopo un copia-incolla mal riuscito. E soprattutto, è sempre un’azienda americana. Quindi? Un gran bel pugno di mosche.
Ma se invece prendo quei soldi che incasso coi dazi, e li uso per detassare Moto Guzzi, il gioco cambia. Non solo Harley Davidson perde terreno, ma Moto Guzzi cresce, si espande comprando magari altre piccole aziende, e inizia a sfidare gli americani anche su altri mercati. A quel punto, il danno diventa molto più grande e soprattutto cumulativo: più durano le sanzioni e le controsanzioni, più Moto Guzzi si rafforza, e più Harley si trova con un concorrente vero, aggressivo e in crescita.
Morale della favola? Col primo approccio fai un po’ male al bullo lo fai sofffire e speri che molli. Col secondo, lo metti in una posizione da cui piu' passa il tempo, piu' soffoca.
Per capire ancora meglio l’impatto, spostiamoci un attimo dal mondo delle motociclette a quello dei servizi digitali. Bene la web tax, finalmente. Bene anche l’idea di far pagare l’IVA sul valore dei dati – era ora. Ma immaginiamo per un momento di fare un passo in più: prendere i proventi di quelle tasse doganali e usarli esplicitamente per finanziare i cloud europei e i relativi servizi alternativi.
Risultato? Invece di restare semplicemente a guardare i colossi americani che dominano il mercato, iniziamo a far crescere i nostri campioni locali, fino a renderli dei veri sfidanti. E questo cambierebbe lo scenario. Di molto.
Pensateci: Amazon, con le sue tasse, che finanzia Aruba e OVH. Una di quelle situazioni che più finiscono in fretta, meglio è – per loro. Perché, a quel punto, il fattore tempo inizia a giocare contro il gigante. Più passa il tempo, più i cloud locali crescono, alimentati paradossalmente proprio dai soldi delle big tech americane.
Nel frattempo, potremmo anche fare gli offesi e tenere su i controdazi, magari avviando uno di quei bei negoziati europei che durano sei o sette anni, stile TTIP. E per tutto quel tempo, mentre gli americani cercano di risolvere la questione, Amazon AWS continua a finanziare OVH. O Stratos. O Hetzner. O Aruba.
Ora, ditemi voi: è più intelligente questa strategia o il solito riflesso condizionato del “colpiscili forte e speriamo che faccia male”? Io, onestamente, preferisco lavorare per rafforzare noi stessi. Perché alla fine, l’unica vera vittoria non è far perdere gli altri, ma mettere noi in condizione di vincere.
Piccola precisazione: il mio approccio non dice che i dazi siano sbagliati. Non sto suggerendo che l’UE debba rinunciarci. Anzi, mettetene quanti ne volete. Caricate, signori, caricate.
Il punto è un altro: dove vanno a finire i soldi che incassiamo con i controdazi? Questa è la vera domanda che non ci stiamo facendo abbastanza. Perché se invece di lasciarli a macerare nel limbo burocratico li usassimo per finanziare direttamente i concorrenti locali delle aziende americane, ecco che la faccenda diventerebbe molto, molto più scomoda per gli USA.
Perché? Semplice: questo processo è cumulativo e, cosa ancora più importante, irreversibile. Se domani un Aruba, un OVH o un Hetzner crescessero fino a diventare dei veri colossi europei, il problema per gli americani sarebbe che, anche quando la guerra dei dazi finirà, quei nuovi giganti non torneranno piccoli. Non basterà loro firmare un accordo e far sparire la concorrenza con uno schiocco di dita.
Ecco perché ha più senso costruire qualcosa per noi piuttosto che limitarci a provare a far male agli altri. Il danno più grande per un colosso non è un pugno ben assestato, ma un rivale che prima non c’era e ora sì. E che, soprattutto, non se ne va più.
Trovo quindi incomplete le strategie che vedo in ballo. Se noi con le tasse di Harley Davidson cominciassimo a finanziare Moto Guzzi, dopo qualche anno ci troveremo con un gigante che va ad acquisire piccole case straniere , e diventa uno sfidante su scala globale. Idem per l'auto. Idem per qualsiasi cosa sulla quale vogliamo mettere dazi.
Vogliamo mettere dazi sui chip, tipo Intel e AMD e Nvidia? Facciamolo. Ma con quei soldi, cominciamo a far crescere aziende europee che fanno chip, e che oggi sono limitate.
Ci lamentiamo in continuazione di non avere i giganti europei, e ora che abbiamo il fiume di soldi per farli crescere, facciamo finta di nulla?
Questo e' il motivo per il quale non mi trovo ad applaudire particolarmente quelli che hanno il cazzoduro dei controdazi. Occorrono controdazi e una destinazione razionale dei soldi incassati coi controdazi.
E ne sono certo, Jigoro Kano la penserebbe come me.
Uriel Fanelli
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