Sul cosiddetto Patriarcato.

Finisco sempre con lo scrivere di polemiche gia' avvenute, ma questa e' , tra le americanate, quella piu' fastidiosa e piu' urlata. E tra l'altro, tra le americanate, e' anche quella piu' palesemente improbabile.

Innanzitutto, partiamo da una constatazione: il patriarcato, comunque lo si definisca, rimane un'opinione, con la quale si puo' concordare o meno. Non e' certo un fatto: se lo fosse, potrei misurarlo. Ma come?

Qual'e' l'unita' di misura? Come faccio a sapere quanto patriarcato c'e' in una stanza, o che so io, a Casalecchio di Reno? E se non riesco a quantificarlo, come dovrei fare a dire che ci sia piu' patriarcato a Lecce piuttosto che a Foggia?

Non essendo misurabile, l'esistenza del patriarcato non e' un fatto oggettivo: di conseguenza, rimane un'opinione, cui sono libero di non concordare ,e posso anche analizzarla.


Premesso che vivo in un posto ove l'educazione sessuale/affettiva si studia a scuola, (e per quanto ne dica il vostro amico che una volta e' stato a Berlino, e' un paese piu' religioso di quanto pensiate) , e premesso che ho vissuto, per lavoro, anche in altri posti, posso dire una cosa: riguardo ai rapporti uomo/donna, ci sono effettivamente societa' piu' arretrate e societa' meno arretrate.

So questo posso concordare, anche se non credo che la cosa si misuri col femminicidio: misurare quanto sia arretrata una societa' dal femminicidio e' come misurare quanto sia sofisticata la cucina osservando le truffe alimentari. Il crimine, cioe', non e' un buon indicatore perche' e' ristretto ad un campione piccolissimo, e decisamente non rappresentativo.

Tuttavia sono convinto che esistano societa' piu' arretrate e societa' meno arretrate. L'ho osservato anche osservando me stesso alle prese con delle dinamiche piu' “sofisticate”, io che me la tiravo perche' venivo dall' Emilia Rossa e quindi da noi “non era mica come in certi posti del meridione”.

Allora perche' non credo nel patriarcato , dal momento che credo che le societa' possano essere piu' o meno evolute in termini di rapporti uomo-donna?

Non credo nel patriarcato perche' la sua assunzione di partenza e' che una parte della societa' , cioe' i maschi, sia piu' arretrata dell'altra, cioe' le femmine.

Secondo questa teoria, vivremmo in una societa' di donne progredite circondate da maschi trogloditi, e la sola prova di questo sarebbe che quelli che causano vittime sono gli uomini. A parte la catastrofe statistica dell'usare il crimine come campione per tutta la societa', (si tratta di unita' per centomila, come campione!!!) il problema di questa tesi e' la sua improbabilita'.

In questa teoria, sembra che la societa' si stia sviluppando su due binari: da un lato le donne sono tutte emancipatissime e modernissime, mentre i maschi sarebbero arretrati e medioevali.

Non funziona.

E non funziona perche', vivendo e avendo vissuto in luoghi che definireste “meno arretrati” , non mi sono scontrato solo col fatto che a me, come maschio, e' chiesto di comportarmi diversamente.

Mi sono scontrato col fatto che anche le donne si comportino diversamente.

Chiariamo subito una cosa: quando dico “gli uomini” e “le donne” mi riferisco ad un concetto statistico: trattandosi di una popolazione, avremo una massa che sta entro 1-sigma, poi quasi tutti stanno entro 2-sigma, eccetera. Non voglio sentirmi parlare del racconto epico del vostro amico che una volta ha fatto l'Erasmus a Berlino. Berlino e' vagamente riconoscibile come Germania, tranto e' diversa dal resto. In generale le grandi citta' tedesche (che sono poche e non cosi' grandi) sono molto diverse dal resto del paese.

Comunque, il punto e' questo: in tutti i posti ove sono stato, (Irlanda, Francia, Germania) la societa' procede di pari passo. Gli uomini si comportano diversamente, certo, ma le donne anche.

E quando dico che la societa' italiana a questo riguardo e' molto arretrata, non dico che esiste il patriarcato: intendo dire che esiste l' arretratezza, che si manifesta nei maschi come maschilismo – con i tratti che vengono attribuiti al patriarcato – e nelle donne come quello che io definirei “sciacquettismo”:

un misto di tossicita' passiva-aggressiva, caratterizzata dalla volonta' di far succedere cose senza mai prendersene la responsabilita' , e di una gestione della reputazione volta , anche questa, a non essere mai responsabili o colpevoli di nulla, in modo da poter incolpare il maschio di turno. La caratteristica principale dello sciacquettismo, nei rapporti uomo-donna, e' la deniability da parte femminile: ha fatto tutto lui, io non ho chiesto niente.

Se esiste il Patriarcato, insomma, non arriva certo da solo: tutta la societa' e' ugualmente arretrata, per cui il patriarcato maschile va di pari passo allo sciacquettismo femminile.


Il problema e': e' possibile combattere l'arretratezza? Certo, lo e' . Nessun paese e' nato avanzato. Certo, occorre produrre le condizioni economiche giuste, le condizioni sociali e culturali giuste, ma alla fine si fa.

E' possibile combattere solo una delle due cose, senza toccare l'altra? Assolutamente no.

Se anche riuscissimo a ridurre tutti i sintomi del “patriarcato”, succederebbe che i sintomi dello sciacquettismo diventerebbero cosi' marcati da costringere i maschi a tornare su posizioni di patriarcato. Lo stiamo vedendo negli USA. Le sciacquette, termine col quale indico le femministe, avevano costruito una piattaforma politica forte, capace di arrivare al 50% dei consensi, circa. Risultato: i maschi americani si sono spostati a destra, per semplice autodifesa.

Facciamo un esempio pratico per spiegare quel che intendo:

Tempo fa, allo scopo di prendere la cittadinanza, feci il cosiddetto Orientierungskurs. Ci andai insieme ad un collega israeliano – e' una brava persona, non stermina palestinesi, almeno non in orario di lavoro – per scoprire che in realta' ne facevano due. Uno per i mediorientali e uno per gli europei. In quello per europei ti spiegavano la storia, la costituzione, la legge , mentre in quello per mediorientali dicevano cose come “no, non puoi uccidere tuo figlio se e' omosessuale”, oppure “no, tua figlia sposa chi vuole e non il cugino”.

Ma la cosa piu' interessante che notai una volta che entrai in quello per mediorientali, fu che si chiese: se in autobus una donna si siede di fronte a te e ti sorride, ti sta dicendo che vuole fare sesso con te e che sei autorizzato a procedere?

Ovviamente, la risposta – molto progressista – fu che no, e' una cosa casuale e in Germania e' normale sorridere, e in provincia anche salutare sconosciuti. Vero.

Ma in tutto questo si dimenticava una cosa: che succede spesso, (piu' che in Italia, decisamente) che le donne ti segnalano che gli piaci e che vorrebbero conoscerti.

Il guaio e' che nessuno spiegava loro come reagire esattamente a questo segnale. Si dava per scontato che non esistesse. In pratica si diceva loro “nessuna donna tedesca ti sta realmente dicendo che ti vuole, sei tu il troglodita che ha sempre il sesso in mente”, quando spesso le donne tedesche ti segnalano molto chiaramente che ti vogliono. E devo dire, a volte HANNO il sesso in mente loro.

Ma nessuno stava preparando quelle persone all'eventualita': si diceva come comportarsi in Germania, considerando SOLO una delle due opzioni.

Un'educazione selettiva – cioe' castrante – che mostrava SOLO uno dei due casi. Ok, e'importante spiegare che in Germania nel caso una donna NON ti faccia il segnale “ti voglio”, devi lasciarla stare. Ma nel caso in cui ti faccia il segnale ti voglio, come ci si comporta in Germania? Questa parte NON veniva spiegata, e quindi l' “educazione” era di fatto una castrazione. Il corso, del resto, era organizzato da un'organizzazione di sinistra (AWO) , quindi la cosa non deve stupirmi.

E questo non e' “educare” o “emancipare” il maschio. Questo e' castrarlo.

Qui siamo al motivo per il quale NON credo che l'educazione sessuale in Italia funzionerebbe: il ragazzo si troverebbe di fronte ad un concetto di educazione scritto da sciaquette per le sciacquette: gli verrebbe detto “la donna non e' un oggetto”, dimenticando che quando una persona lascia l'iniziativa alla controparte, diventa automaticamente l'oggetto dell'iniziativa.

E se la sciacquetta lascia la responsabilita' alla controparte maschile, diviene automaticamente la parte passiva della responsabilita', ovvero una proprieta'.

Non ha senso lamentarsi di un maschio che ti tratta come oggetto, se la risposta alla domanda “che cosa vuoi?” e', quasi sistematicamente, “non so, fai tu, a me va bene tutto”.

In questo senso, quindi, abbiamo un'arretratezza che sta da entrambi i lati: da un lato il maschio troglodita considera la donna come un oggetto, ma dall'altro la donna troglodita lo aiuta, lavorando in deniability per paura della responsabilita' che viene dall'aver voluto qualcosa.

Ed e' lo stesso problema dell' “educazione” che ho visto impartire al maschio mediorientale: mentre si dice che la donna tedesca non e' un oggetto sessuale, si nega che possa essere un soggetto. Sicuramente non ti sta dicendo che ti vuole, al limite dovrai corteggiarla tu, non e' quindi un soggetto capace di dirti che ti vuole, ma al limite accettera' la tua proposta. E' , cioe', un oggetto, completamente passivo.

Con questo cosa voglio dire? Voglio dire che l' “educazione” assume toni pericolosi quando e' in mano alle frange socialiste, perche' assume i toni del lavaggio del cervello. Posso essere favorevole all'educazione sessuale e sentimentale nelle scuole superiori italiane, e in alcune veniva fatta come progetto sperimentale (il mio liceo la ebbe, per esempio), ma alla fine ad “educare” i trogloditi ci saranno le sciacquette, le quali non faranno altro che propagare lo status quo.

Se dici ad un tizio cosa fare nel caso , in questo paese, una donna NON ti stia segnalando che ti vuole , devi anche spiegare cosa fare in questo paese nel caso te lo stia segnalando: altrimenti lo stai solo castrando.

Per questa ragione, riassumendo:

Alla mentalita' patriarcale dei maschi fa specchio la mentalita' da sciacquette delle donne, e non e' possibile risolvere il problema soltanto in una delle due direzioni.

Una donna che affronta la vita con il modo di fare di chi entra al ristorante senza avere fame NON verra' mai riconosciuta in nessun modo, se non come oggetto.

La risposta vaga ti rende un oggetto. Il messaggio implicito ti rende un oggetto. Nascondersi dietro la complessita' ti rende un oggetto. Il non sapere bene cosa vuoi ti rende un oggetto. La deniability ti rende un oggetto.

Se non hai agency, se non agisci e se non dichiari le tue intenzioni chiaramente e senza equivoci, da subito, sei un oggetto. Perche' non sei un soggetto.

Uriel Fanelli


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