Oh, il Natale e' troppo commerciale?

Oh, il Natale e' troppo commerciale?

Esiste una specifica categoria di individui che, nel disperato tentativo di proiettare un’immagine di superiorità intellettuale, finisce per rifugiarsi nei peggiori luoghi comuni, celebrando quello che negli Stati Uniti viene correttamente definito "virtue signaling". È un’ostentazione di virtù a buon mercato che, puntualmente, con l'avvicinarsi del 24 dicembre, si manifesta sotto forma di una geremiade trita e ritrita: il lamento sul Natale che "non è più quello di una volta" e sulla sua deriva "irrimediabilmente commerciale".

Chi si auto-incensa pronunciando simili ovvietà, convinto di esibire uno spirito critico non convenzionale, dimostra in realtà una lacuna storica imbarazzante. Questa specifica lamentela non è un sottoprodotto del tardo capitalismo o del consumismo sfrenato del XXI secolo; al contrario, sono secoli che la medesima litania viene recitata da chiunque voglia sentirsi moralmente superiore alla massa dei festeggianti. Se credete davvero di possedere un ricordo vivido di un’epoca aurea in cui il Natale era una "Vera Festa" — qualunque significato vogliate attribuire a questa espressione nebulosa — temo che la vostra percezione sia vittima di un cortocircuito temporale.

La realtà è che se i vostri ricordi risalgono a una purezza pre-commerciale, non siete semplicemente anziani: siete reperti archeologici. La retorica del "Natale perduto" è vecchia quanto la modernità stessa, e usarla oggi come prova di acume intellettuale non fa di voi dei pensatori liberi, ma solo degli ignari ripetitori di un copione scritto secoli fa da qualcuno che, probabilmente, era già allora più stanco e cinico di voi.


Il vero problema di chi si ostina a voler ricordare dei Natali più "cristiani", "pieni di calore familiare" e impregnati dei "puri valori di una volta", è che purtroppo per loro esiste la carta stampata. Le fonti storiche sono impietose e smentiscono categoricamente la narrazione nostalgica che va per la maggiore. A voler essere intellettualmente onesti, se non avete superato la soglia dei duecento anni di età, quei Natali idilliaci voi non potete ricordarli semplicemente perché non sono mai esistiti nella realtà storica.​

Chi oggi si auto-incensa sui social o nei salotti denunciando il "consumismo sfacciato" del Natale moderno, convinto di esibire uno spirito critico superiore, ignora che sta soltanto recitando una parte scritta oltre un secolo fa. La pretesa di aver vissuto un'epoca aurea di purezza spirituale è solo una forma di virtue signaling che poggia sul nulla: già ai tempi dei vostri bisnonni, le cronache parlavano di orgie alimentari e ostentazione del censo.​

Per dare un'idea di quanto questa lamentela sia un logoro cliché, basta dare un'occhiata a ciò che scrivevano i media e gli autori italiani quando i nostri nonni non erano ancora nati:

Periodo Autore / Testata Contenuto della Lamentela Fonte
1886 Edmondo De Amicis Critica le vetrine delle grandi città che trasformano la festività in un "mercato d'orgoglio", dove l'ostentazione del regalo sostituisce il sentimento . Cuore / Scritti giornalistici wikipedia​
1914 Guido Gozzano Utilizza il tono crepuscolare per contrapporre la "vera" Notte Santa alla modernità, percepita già allora come una deriva artificiale e priva di anima . La Notte Santa sanniomatesemagazine​ )
1925 Corriere della Sera Denuncia lo "sterminio" alimentare e le spese folli per il lusso (caviale, tartufi e 200 tonnellate di panettone), descrivendo un Natale puramente consumistico ( Archivio Storico Corriere (22/12/1925) milano.corriere​

Se pensate che per trovare il Natale "autentico" sia necessario risalire ancora più indietro nel tempo, magari evocando un’idilliaca età dell’oro in cui il nonno sputava tabacco sul volto di vostra madre in una sorta di bukkake verdastro — e tutto andava bene perché, chiaramente, nulla come uno sputo in faccia testimonia la solidità dei valori familiari di una volta — beh, vi state sbagliando di grosso. Questa narrazione della "purezza perduta" è un miraggio storico che si scontra frontalmente con la realtà documentale.​

Il vizio di lamentarsi della deriva della festa non è un'invenzione moderna, ma una costante che risale almeno al Seicento. Non so esattamente come facciate a conservare memoria di quel periodo, ma, al netto delle vostre pittoresche sputazzate familiari, le fonti storiche vi danno torto su tutta la linea. Già secoli fa, il Natale era percepito dai contemporanei come un’orgia di ipocrisia, sfarzo osceno e obblighi finanziari asfissianti.​

Per chi ancora si ostina a credere nel mito del Natale "pre-commerciale", ecco alcuni fatti che documentano quanto la festa fosse già allora un incubo di eccessi e apparenze:

Periodo Autore / Ente Contenuto della Lamentela Fonte
1699 Magistrato alle Pompe (Venezia) Emette decreti restrittivi contro lo sfarzo eccessivo dei banchetti e delle vesti patrizie, giudicando l'esibizione del lusso festivo come un insulto alla pubblica morale treccani​. Archivio di Stato di Venezia treccani​
1764 Pietro Verri Denuncia sulle pagine de Il Caffè il vuoto delle cerimonie tradizionali e l'ipocrisia dei banchetti nobiliari, visti come ostacoli al progresso della ragione wikipedia+1​. Il Caffè (Milano) milanomeravigliosa​
1833 Diari della Compagnia di Gesù Documentano l'onere delle "regalie" obbligatorie (mance e doni a medici, barbieri e agenti), descrivendo il Natale come una tassa sociale forzata e ineludibile archiviostorico.gesuiti​. Archivio Storico Gesuiti archiviostorico.gesuiti​

Qualcuno, a corto di argomenti, cercherà rifugio nel mito del Natale "Made in Italy", convinto che ai tempi di Michelangelo e Leonardo la festività fosse finalmente una "cosa seria". Si immagina, forse, una Cappella Sistina avvolta in un silenzio mistico e devozionale, dove l’arte e la fede si fondevano in un’armonia trascendentale superiore alle beghe del consumismo odierno. Beh, mi dispiace deludere i vostri sogni bagnati di cultura classica, ma la realtà era decisamente più vicina a un campo di battaglia che a un presepe.​

In quel Rinascimento che idealizzate, il Natale non era un momento di raccoglimento spirituale, ma la vetrina per eccellenza del potere e della competizione più feroce. Michelangelo e Leonardo non si scambiavano auguri sotto il vischio; si detestavano con una foga che oggi farebbe impallidire i peggiori dissing dei social. Mentre Leonardo, elegante e mondano, sfoggiava calze di seta e velluti alle feste, Michelangelo, misantropo e trasandato, ostentava la sua religiosità quasi per dispetto, insultando pubblicamente la tecnica del rivale.​​

In Vaticano, poi, la "serietà" del Natale si misurava in sfarzo e trame politiche. La Cappella Sistina non era solo il capolavoro che ammiriamo oggi, ma il palcoscenico di una Chiesa che celebrava la propria potenza materiale con banchetti che avrebbero fatto sembrare i nostri cenoni dei pasti dietetici per asceti. Se pensate che allora ci fosse meno ipocrisia o meno amore per il lusso, non avete capito nulla né di Michelangelo, né di Leonardo, né tantomeno del Natale

Periodo Autore Contenuto della Lamentela Fonte
1494 Girolamo Savonarola Scagliava anatemi contro il popolo fiorentino che trasformava il Natale in un'orgia di banchetti e "vanità" mondane, accusando i cittadini di idolatrare il lusso e la carne invece di Dio. Prediche e Scritti carnesecchi​
1534 Pietro Aretino Smascherava ferocemente l'ipocrisia delle corti romane, dove la celebrazione della nascita di Cristo era solo un pretesto per ostentare potere, corrompere e dilapidare fortune in regalie mondane. La Cortigiana padrisomaschi​
1517 Ludovico Ariosto Lamentava l'onere finanziario e morale del Natale a corte, descrivendolo come una parata forzata di doni e cerimoniali che prosciugavano le tasche e la dignità dell'uomo libero. Satire (III-IV) bazzecole.altervista​


Arrivati a questo punto, sentendovi alle strette, tenterete sicuramente il colpo di coda: il rifugio nel Medioevo. Immaginate un’epoca in cui, tra un rogo per la cugina troppo avvenente e una preghiera, tutto fosse pervaso da una spiritualità incontaminata. Un Medioevo sognato, una via di mezzo tra un’allucinazione di Julius Evola e un raduno di Fratelli d’Italia a tema identitario. In quel mondo fantastico, il Natale doveva essere necessariamente "Vero Natale", una festa primordiale celebrata magari attorno a un presepe scolpito nelle ossa del patriarca, tra riti di tauromachia e una purezza che oggi non possiamo nemmeno concepire.​

Peccato che anche questo quadretto da fantasy reazionario sia una sciocchezza colossale. Se pensate che nel Medioevo regnasse il decoro spirituale, ignorate che per la Chiesa dell'epoca il Natale era un incubo di ordine pubblico. Era il tempo dei "Vescovi dei Folli", delle inversioni dei ruoli in cui la blasfemia diventava rito e delle gozzoviglie che avrebbero fatto sembrare i nostri cenoni degli spuntini da asceti. La "purezza" che sognate era, in realtà, un'esplosione di eccessi materiali che i predicatori dell'epoca cercavano disperatamente — e inutilmente — di arginare.

Periodo Autore / Fonte Contenuto della Lamentela Fonte
1230 ca. San Bernardino da Siena Tuonava contro i banchetti natalizi che duravano giorni, definendoli "orgie di gola" dove si consumava in un pasto ciò che bastava a una famiglia per un anno. Prediche Volgari scribd​
XIII Sec. Concili Ecclesiastici Numerosi editti tentano di vietare la "Festa dei Folli" (celebrata tra Natale e l'Epifania), accusandola di profanare le chiese con canti osceni e scommesse. Storia del Natale wikipedia​
1440 Facoltà di Teologia (Parigi) Denuncia il Natale come un'occasione di "dissolutezza pagana", dove la gente pensa solo a giocare a dadi, bere e mascherarsi, invece di onorare la Natività. The Golden Bough timetravel-britain​

Ma ecco che calate l'ultimo asso, convinti di aver trovato finalmente il punto di rottura: il Natale dell'anno 800. Il momento magico in cui Lo Imperatore, Carlo Magno, scende a Roma per farsi incoronare da Papa Leone III, fondando il Sacro Romano Impero in un tripudio di misticismo germanico e autorità romana. Immaginate quel Natale come un cristallo di purezza, un istante in cui la storia era in discesa, i valori erano scolpiti nel granito e il Natale era un atto di devozione assoluta e incontaminata.​

Mi spiace interrompere la vostra allucinazione da re-enactment medievale, ma la risposta è un secco e brutale: Nope.

Quello che voi sognate come un momento di estasi spirituale fu, in realtà, una gigantesca operazione di marketing politico e una fiera della mondanità più spinta. Carlo Magno, che i cronisti descrivono più interessato alla geopolitica che ai salmi, utilizzò la Natività come un palcoscenico per legittimare un potere che di sacro aveva solo l'etichetta. Non c'era purezza, c'era calcolo; non c'era ascesi, c'era un'esibizione di forza militare e sfarzo imperiale che serviva a ricordare a tutti chi comandava davvero.

Periodo Autore / Fonte Oggetto della Lamentela Fonte
801 Alcuino di York Rimprovera severamente i nobili e i chierici della corte imperiale che preferiscono le letture profane di Virgilio e il sonno pesante alla preghiera, abbandonandosi a banchetti smodati. Alcuini Epistolae readingroo​
817 Concilio di Aquisgrana Emette canoni punitivi contro i religiosi che trasformano le festività natalizie in occasioni di ubriachezza molesta, gioco d'azzardo e comportamenti indecorosi per la propria carica. Capitularia Regum Francorum wikipedia​
IX Sec. Teodulfo d'Orléans Denuncia nelle sue opere la corruzione morale e l'attaccamento ai beni materiali che inquina le celebrazioni sacre, dove il dono è usato solo come strumento di scambio politico e potere. Contra Iudices scielo​

A questo punto, messi all'angolo dalla storia, vi chiederete disperati: ma esiste, allora, un momento in cui il Natale è stato davvero una cosa seria per le famiglie, privo di questa onnipresente e asfissiante deriva commerciale?

Ebbene, la risposta è sì. Esiste. Solo che a quei tempi non si chiamava Natale. Si chiamava Saturnalia. E non c'era "deriva" commerciale , siccome la parte commerciale era proprio il punto. Nessuna deriva, insomma.

Se cercate il "Vero Natale", dovete tornare alla Roma antica, dove la festività era una faccenda terribilmente seria proprio perché fondata sul ribaltamento totale dell'ordine sociale. Era il tempo in cui gli schiavi venivano serviti dai padroni, il gioco d'azzardo era l'unica attività permessa per legge e ci si scambiavano doni obbligatori — i sigillaria — in un'orgia di consumo che serviva a propiziarsi il ritorno del sole.​​

Il Natale "spirituale" che rimpiangete è solo una sottile mano di vernice data sopra un festival del consumo e del caos che dura da millenni. La "commercializzazione" non è il cancro del Natale: è il suo DNA

Periodo Autore Oggetto della Lamentela / Descrizione Fonte
I Sec. d.C. Seneca Si lamenta nelle Lettere a Lucilio del frastuono assordante e dell'obbligo sociale di abbandonarsi alla dissipazione durante i Saturnali, definendo la città un luogo di follia collettiva. Epistulae ad Lucilium bigthink​
I Sec. d.C. Marziale Descrive minuziosamente nelle sue Xenia l'obbligo asfissiante di fare regali, spesso costosi e inutili, per mantenere le apparenze sociali durante le feste di dicembre. Xenia e Apophoreta thegospelcoalition​
IV Sec. d.C. Libanio Descrive la "festa delle Calende" come un momento di spese folli in cui la gente spende ogni centesimo per banchetti e doni, temendo il giudizio sociale più degli dèi. Orationes theconversation​

Sorge dunque spontanea una domanda: qual era, allora, la reale differenza tra quelle celebrazioni ancestrali e lo spettacolo a cui assistiamo oggi? La risposta è di una semplicità disarmante, quasi offensiva: i Romani erano onesti.

A differenza nostra, loro non avevano bisogno di ammantare il consumo e il caos di una melassa spirituale posticcia. Non sentivano la necessità di inscenare quel grottesco virtue signaling che oggi appesta ogni conversazione natalizia. I Romani ammettevano apertamente che i Saturnalia erano il momento della dissipazione, del gioco d’azzardo istituzionalizzato e dello scambio frenetico di doni. Lo dicevano chiaramente, senza vergogna e senza i sensi di colpa tipici di chi, oggi, vorrebbe l'ultimo modello di smartphone ma si sente in dovere di twittare quanto fosse più "puro" il Natale del 1950.​

L’onestà intellettuale del mondo antico consisteva nel riconoscere la festa per quello che era: un tributo materiale alla vita e ai suoi eccessi. La vera deriva del Natale non è dunque il commercio, ma l'ipocrisia di chi ne nega la natura, nascondendo dietro una finta spiritualità la stessa identica brama di possesso che Seneca e Marziale descrivevano già duemila anni fa.

Autore Visione del Natale Antico Fonte
Seneca Ammette che durante i Saturnalia "tutta la città è in fermento" e che è impossibile sottrarsi all'obbligo collettivo della dissipazione senza sembrare misantropi. Epistulae ad Lucilium bigthink​
Marziale Cataloga con cinismo centinaia di doni obbligatori, dai più economici ai più sfarzosi, accettando il Natale come un mercato sociale inevitabile. Xenia thegospelcoalition​
Libanio Descrive la gioia dello spendere tutto il proprio denaro per i banchetti delle Calende, rivendicando il diritto alla sregolatezza come un fatto pubblico e onesto. Orationes theconversation​

In definitiva, è giunto il momento di smetterla con questa solenne sciocchezza del Natale "diventato" commerciale. La verità storica, documentata da millenni di lamentele identiche alle vostre, è una sola: lo è sempre stato.​​

Non sembrate né più intelligenti, né più spirituali, né tantomeno più cristiani se vi ostinate a ripetere a pappagallo un cliché che risuona, stancamente uguale a se stesso, da oltre duemila anni. Non state esprimendo un pensiero critico; state solo recitando il copione di un moralismo d'accatto che era già vecchio ai tempi di Seneca e Savonarola.​

Il Natale è Orgia, è Banchetto ed è Spreco. È il momento in cui la società scarica le sue tensioni nell'eccesso materiale, e lo fa da sempre, con o senza il vostro sdegno da tastiera. Accettatelo, o almeno abbiate l’onestà intellettuale dei pagani: godetevi lo sfacelo, ma risparmiateci la predica sulla purezza perduta.

25 Dicembre secondo il calendario Giuliano. In vigore in Inghilterra a quel tempo, mentre il continente era passato al Gregoriano.

Non è mai esistita.