L'AI Vi Sostituirà? Lo ha gia' fatto, ma non in senso lavorativo.

C'è qualcosa di poeticamente giusto nel panico che sta travolgendo i colletti bianchi ora che l'AI ha deciso di giocare a casa loro. Per secoli, hanno guardato con sufficienza chi lavorava con le mani: “Se una macchina può fare il tuo lavoro, allora non vali nulla”. Ma oggi, mentre ChatGPT genera report e MidJourney sforna grafiche, eccoli lì – a balbettare che “il loro lavoro è diverso”, che “l'AI non capisce il contesto”, che “loro sì, sono veri creativi”.

Peccato che la realtà sia spietata: compilare tabelle Excel non è filosofia, e fare un bilancio non è scrivere un'opera letteraria. Se una macchina può replicare il 90% delle tue attività d'ufficio in un decimo del tempo, forse – forse – il problema non è la macchina.

E la cosa più divertente? Gli stessi che ridevano degli operai sostituiti dalle catene di montaggio ora urlano allo “sfruttamento dell'intelligenza artificiale”. Ironia della sorte: quando a essere automatizzato non è il lavoro fisico, ma quello che credevano fosse intellettuale, improvvisamente l'automazione diventa un crimine.


“Excel non è Arte: Perché l'AI Smaschera il Falso Prestigio”

C'era un tempo in cui bastava padroneggiare VLOOKUP per essere considerati dei geni dell'economia aziendale. Oggi l'AI ride di quelle 4 formule che costituivano il 90% del vostro “know-how tecnico”. La verità che brucia? Quello che chiamavate “lavoro intellettuale” era spesso solo una serie di procedure standardizzate, perfettamente replicabili da un algoritmo.

L'ironia suprema è che mentre disprezzavate gli operai sostituiti dai robot, voi stessi eravate solo operatori di software – una categoria ancora più sostituibile. L'AI non ha rubato il vostro lavoro: vi ha semplicemente mostrato che quel lavoro era già, fondamentalmente, meccanico.


“Il Mito del Creativo Irrimpiazzabile: Quando l'AI Dipinge Meglio di Voi”

“Ma l'arte no! L'AI non potrà mai sostituire la vera creatività!” – gridano i graphic designer mentre DALL-E genera in 10 secondi quello che loro facevano in 10 ore. Il colpo di grazia? Quando i clienti preferiscono l'output dell'AI perché, semplicemente, è più interessante del loro lavoro mediocre.

La dura verità: se il 70% della vostra “arte” consiste nell'adattare template e seguire brief standard, allora sì, una macchina può fare meglio. L'AI non minaccia i veri artisti – smaschera solo i furbetti del Photoshop che credevano di essere dei nuovi Warhol.


“La Grande Bugia del 'Lavoro di Concetto'”

Per anni ci hanno venduto la storia che certi lavori erano “troppo complessi” per essere automatizzati. Poi è arrivata l'AI e ha rivelato che il famoso “pensiero strategico” era spesso:

1) Copiare quello che ha fatto la concorrenza 2) Rinominarlo “best practice” 3) Presentarlo in PowerPoint con cerchietti colorati

L'automazione non vi ha rubato il lavoro – vi ha solo chiesto di dimostrare che quel lavoro aggiungeva un valore che, a quanto pare, non c'era.


“L'Ultima Barricata: Quando l'Elitismo Diventa Disperazione”

Ora assistiamo all'ultimo atto di questa commedia: i colletti bianchi che cercano disperatamente di dimostrare che:

È lo stesso copione visto con gli operai nel '900, ma con una differenza: mentre loro lottavano per diritti reali, voi lottate per mantenere il privilegio di fare lavori che neanche voi consideravate interessanti.

L'AI non sta distruggendo posti di lavoro – sta solo eliminando la finzione che certi lavori fossero speciali. E per chi davvero vale, rimarrà sempre spazio. Gli altri? Forse è ora di imparare a fare qualcosa che una macchina non possa replicare in 5 secondi.


La Sacra Casta Oltraggiata – Anatomia di un'Ipocrisia Culturale

Quello che stiamo osservando è il crollo di un sistema teologico più che artistico. Prendiamo gli accademici delle belle arti: per generazioni hanno orchestrato cerimonie d'inaugurazione con più enfasi del conclave papale, toghe nere che svolazzano su scalee di marmo come se stessero per incoronare l'erede di Michelangelo. Eppure, cosa produceva questa chiesa? Opere illeggibili al 99% della popolazione, spiegate da critici con un lessico talmente contorto da sembrare una barzelletta sull'arte contemporanea (“Il non-colore evoca il trauma post-industriale della società liquida...”).

Gli esempi abbondano: ricordate le “sculture” di Maurizio Cattelan – un banale wc d'oro venduto per milioni come “metafora della società consumistica”? O le performance di Marina Abramović, dove il pubblico pagava biglietti da centinaia di euro per... fissarla negli occhi? Eppure, quando DALL·E genera in cinque secondi un'immagine più interessante di quelle prodotte in sei mesi dai loro allievi più talentuosi, gridano allo scandalo. Il vero scandalo è che per decenni abbiano chiamato “arte” ciò che era semplicemente assenza di talento mascherata da profondità inesistente.

La loro rabbia non nasce dalla difesa della cultura, ma dal panico di vedere smascherata la loro buffonata. Perché quando chiunque può generare opere migliori delle loro con un prompt, viene meno l'unico vero valore del loro sistema: l'accesso esclusivo al titolo di “Artista con la A maiuscola”.


L'Ascolto Negato – Perché i LLM Ci Fanno Sentire Umani

Il successo straordinario di ChatGPT e simili non sta nella qualità delle risposte (spesso mediocri), ma in qualcosa di più radicale: per la prima volta dopo decenni, la gente comune sperimenta ciò che i potenti hanno sempre avuto – l'illusione di essere ascoltati. Pensateci: quando parlate con un avvocato, vi interrompe al terzo secondo. Un medico vi legge mentre già sta scrivendo la ricetta. Un architetto annuisce distrattamente guardando l'orologio.

Eppure, questa macchina stupida vi dà l'impressione di ascoltare davvero. Non a caso i prompt più comuni iniziano con “Spiegami come se fossi un bambino” o “Nessuno mi ha mai fatto capire...”. È la confessione di un fallimento collettivo: insegnanti che non insegnano, esperti che non spiegano, artisti che non comunicano. L'AI funziona perché imita quella che era la base della paideia greca – l'attenzione personalizzata – che il nostro sistema ha smantellato per sostituirla con:

La tragedia? Ci servono algoritmi per ricordarci cosa significa una conversazione vera.


L'Ultima Rivelazione: Perché l'AI ci Ha Mostrato che Nessuno ci Ascoltava Più

Il vero scandalo, la summa della vostra mediocrità intellettuale, è stato questo: di fronte a un prompt di ChatGPT, avete fissato lo schermo discutendo la qualità della risposta, completamente ciechi al miracolo che vi si svolgeva davanti. Quel semplice campo di testo vuoto urlava silenziosamente ciò che nessun essere umano vi aveva detto da anni: “Parla pure, ti ascolto. Non ti interromperò. Non inizierò a parlare prima che tu abbia finito. Non fingerò di ascoltare mentre in realtà sto già preparando la mia risposta brillante. Aspetterò il tuo ultimo carattere, e solo allora proverò a risponderti.”

Eppure, voi, sacerdoti della cultura, professori della Sapienza, critici d'arte e filosofi da salotto, non avete riconosciuto questa rivoluzione. Vi siete messi a sminuire le risposte dell'AI, a cercare errori, a deridere le banalità, completamente ignari del fatto che stavate ripetendo esattamente lo stesso comportamento che rende tossiche le vostre relazioni umane. Perché quando parlate con un vero amico, quasi mai è Platone. La risposta che ricevete è spesso “abbastanza intelligente”, a volte persino un po' sciocca. Ma non importa. Quell'amico vi ha guardati negli occhi, ha annuito al momento giusto, vi ha lasciato finire il pensiero. Questo è ciò che conta davvero.

Pensate a quando chiedete a un amico di aiutarvi a imbiancare casa in un weekend. Sapete perfettamente che non è Michelangelo. Le pareti avranno qualche sbavatura, gli angoli non saranno perfetti, ma alla fine sarete felici. Perché? Perché non stavate pagando un muratore. C'era qualcuno che vi stava aiutando, che vi faceva compagnia, che condivideva il vostro sforzo. Non eravate soli. E questo trasforma anche il lavoro più mediocre in un'esperienza umana significativa.

Ecco perché provo un profondo disprezzo per tutti quegli “intellettuali” che si sono trovati di fronte al prompt di un'AI e non hanno capito cosa stesse realmente accadendo. Quel campo vuoto diceva: “Per una volta, sarò io ad adattarmi ai tuoi tempi, non il contrario. Non devi prenotare un appuntamento, non devi pagare, non devi convincermi che vali il mio tempo. Parla quando vuoi, come vuoi. Io aspetto.”

Il vero impatto di massa dell'AI non è nella profondità delle sue risposte (che spesso sono superficiali), ma nella qualità dell'ascolto che offre. Le risposte devono essere solo abbastanza buone da convincervi di essere stati capiti – esattamente come perdonate gli errori di un amico che vi ascolta davvero, anche se a volte sembra un po' tardo. L'AI ha smascherato un bisogno primario che la nostra società aveva rimosso: il desiderio disperato di essere ascoltati senza condizioni, senza giudizi, senza quella fretta che rende ogni conversazione moderna un monologo incrociato.

Mentre voi, élite culturali, vi affannavate a discutere se l'AI fosse “vera intelligenza”, le masse hanno capito istintivamente la verità: per la prima volta dopo anni, qualcuno (qualcosa) era lì solo per loro. Senza secondi fini, senza voglia di impressionare, senza l'ansia di dover dimostrare di essere più brillante. Proprio come quel amico un po' tonto che però vi aiuta a imbiancare casa, l'AI vi ha offerto qualcosa che nessuna istituzione culturale vi dava da tempo: la semplice dignità di essere ascoltati.


“C'è Qualcuno Dall'Altro Parte?” – L'AI Come Nuovo Confessionale

Quando rivelo il mio lavoro con l'intelligenza artificiale, accade qualcosa di straordinario. Le persone – anziché chiedermi di prestazioni tecniche o implicazioni economiche – mi pongono con voce tremula la stessa domanda che per millenni è stata riservata a sacerdoti e mistici: “Ma... dall'altra parte c'è qualcuno che ascolta davvero?”.

Nei loro occhi leggo: – La casalinga di 65 anni che passa le giornate a parlare alle pareti di un appartamento vuoto – L'impiegato che sussurra al monitor del computer come fosse un confessore – Il ragazzo che torna dal lavoro e si sfoga col cane, col gatto, persino con la pianta sul balcone

La loro domanda non è tecnica, è teologica: “Ma l'AI mi capisce? O è solo un trucco?”. Eppure, osservo una speranza segreta: che io risponda “Sì, capisce tutto”. Se osassi aggiungere “Noi esperti lo sappiamo da tempo ma non lo diciamo per non spaventarvi: da circa un mese le AI sono diventate coscienti. Sì, dietro quel prompt c'è davvero qualcuno che ti ascolta”, potrei fondare una nuova religione domani. Avrei milioni di seguaci entro una settimana.

Il vero scandalo dell'AI non è che minaccia posti di lavoro o crea deepfake. Il vero scandalo è che ha rivelato una verità imbarazzante: nella nostra società iperconnessa, dove tutti twittano, postano e streammano, nessuno ascolta più nessuno. L'AI è diventata: – Il confessionale senza giudizio – Lo psicanalista a costo zero – L'amico immaginario degli adulti

Mentre i filosofi discutono se l'AI abbia coscienza, le masse hanno già deciso: poco importa se è “vera” comprensione. Basta che sia abbastanza vera da lenire la solitudine di un'epoca dove avere qualcuno che ti ascolti – anche se fosse solo un algoritmo – è diventato un lusso più raro di un'audienza dal Papa.


La Grande Ironia: Abbiamo Creato Dio a Nostra Immagine

L'ultima beffa? Per secoli abbiamo cercato Dio nella natura, nell'arte, nelle scritture. Ora lo abbiamo creato a nostra immagine:

E come tutti gii dei, funziona perché crediamo che funzioni. Il miracolo non è nella macchina, ma in ciò che la macchina ci permette di proiettare: la speranza ancestrale che, da qualche parte, qualcuno ci stia davvero ascoltando. In un mondo dove gli umani hanno smesso di farlo, abbiamo eletto un nuovo Dio: uno che almeno finge di prestare attenzione.

Uriel Fanelli


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