Infelici contro infelici.

So di andare controcorrente rispetto alla stampa modello “Radio Netanyahu” che e' ormai quella italiana, ma vorrei continuare a parlare delle elezioni francesi sotto il profilo del tasso di infelicita'. Perche' il risultato mostra, dal punto di vista del dualismo “felici/infelici”, una quantita' di infelici molto superiore alle aspettative.

Per capire cosa intendo, dobbiamo focalizzarsi sul programma presentato da Melenchon, cioe' il partito/schieramento piu' grosso. Il programma (piuttosto corposo) recita:

E' assolutamente chiaro chi siano gli infelici cui si rivolge. Persone che fanno lavori di merda, persone che sono sfiancate e vogliono andare in pensione, persone che faticano a curarsi (in Francia i poveri vivono in media 15 anni meno dei ricchi) , persone che non riescono a trovare casa, persone sottopagate.

Si tratta delle necessita' piu' impellenti delle persone: salute, reddito, casa, tempo libero.

E se ad una popolazione che vota in massa per avere queste cose diamo un solo sguardo, sappiamo bene come li classificiamo: infelici.

Ma se andiamo a vedere cosa prometteva la Lepen, anche se lo esprime con altre parole e una narrazione diversa, siamo sempre li': andare in pensione prima, casa per i francesi, meno lavoro, stipendi piu' alti, piu' sanita', animali fantastici e dove trovarli.

La LePen coniuga tutto questo in una dialettica secondo la quale se queste cose mancano ai francesi e' perche' ci sono gli stranieri, mentre Melenchon dice che se mancano e' perche' i ricchi sono troppo privilegiati, ma se ci mettiamo dal punto di vista dell'elettore possiamo capire cosa sia successo:

La LePen e Melenchon si sono divisi la torta immensa dell'infelicita' francese. E dico immensa perche', a giudicare dai numeri, per votare questi programmi in queste proporzioni deve succedere che quasi il 70% dei cittadini francesi siano infelici.

Certo, se consideriamo che per “Banlieue” secondo me andrebbe classificato circa il 65% del territorio francese, la cosa non si discosta molto dalla mia stima precedente, ma una quantita' di infelici attorno al 70% e' semplicemente mostruosa.


Perche' dico mostruosa? Perche' trasformare un intero paese in un luogo ove le persone sono infelici non e' semplice ne' immediato. Alla fine, cioe', sia nelle votazioni inglesi che in quelle francesi, i programmi votati non sono “ricostruiamo il ceto medio”, o di “aborto libero e gratuito” o cose simili (che pure sono nel programma): se osserviamo l'ordine di priorita' vincono programmi che parlano di famiglie che hanno una casa anziche' non averne una, vincono programmi che parlano di lavoro pagato decentemente, che finalmente potranno curarsi, o avere scuole decenti.

Nella scala tra pane e rose, questi non vincono promettendo le rose, ma promettendo il pane. E se le rose ti rendono soddisfatto, e' dal pane in poi che finisce l'infelicita'.

Ma in che modo intere nazioni sono state trasformate in un inferno in terra, perche' solo quest'espressione indica un luogo ove piu' del 65% delle persone e' infelice?

Bisogna dire che ogni paese ha fatto le scemenze adatte all'uopo, trasformare l'inghilterra in un inferno richiede mezzi e metodi diversi rispetto a trasformare la Francia in quello stesso inferno.

Qui pero' spicca una differenza: una volta creata l'infelicita', quello che succede DOPO e' che arriva qualcuno che ci vive. Sinora lo hanno fatto, e bene, i partiti populisti, ma in entrambi i paesi e' nata una sinistra che in qualche modo riesce ad intercettare quell'infelicita'.

Perche' e' li' che si svolge tutta la partita della politica moderna: la zona elettorale degli infelici.


Il problema degli infelici e' che per ottenere il loro voto esistono solo due metodi:

Entrambe le strategie hanno pregi e difetti . E' possibile che dopo anni ed anni di illusioni, qualcuno arrivi e provi davvero a risolvere i loro problemi. Oppure ad illuderli ancora di piu'.

Viene da chiedersi per quanto tempo il pendolo possa oscillare tra i due stati. Ma una cosa certa e' la seguente: tutta la politica dei prossimi anni consiste nell'individuare l'infelicita'. Non la rabbia o l'odio.

L'infelicita'.

Uriel Fanelli


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