Il Camerata Napoleonico Draghi sferza l'Europa

Ho letto, nei giorni scorsi, che Mario Draghi si è improvvisato fustigatore di costumi, distribuendo rimproveri a destra e a manca e accusando l’Europa di “debolezza”. Nulla di sorprendente: oggi, dire peste e corna dell’Unione Europea è diventato un esercizio retorico che, soprattutto a destra, garantisce una patina immediata di profondità intellettuale. Che Draghi si sia accodato a questa moda non stupisce affatto. Forse gli manca il tempo in cui, forte di incarichi prestigiosi, poteva dettare la linea da posizioni di potere, e adesso tenta di rifarsi un’immagine, nella speranza che qualcuno torni ad offrirgli una poltrona all’altezza delle sue nostalgie.
Il problema è che tutto ciò che Draghi ripete non è altro che una vecchia manfrina di sapore fascista, un’eco stantia dei GUF e della cosiddetta “mistica fascista”, che ancora oggi trova epigoni sparsi qua e là nel mondo. Secondo questa bizzarra visione, una nazione ha dignità solo se si atteggia a impero: aggressiva, muscolare, armata fino ai denti, minacciosa e temuta. Non c’è spazio per un’idea diversa, meno conflittuale e più costruttiva del concetto di nazione, se non come potenza. No, il copione resta sempre lo stesso: il mondo intero starebbe “schiacciando” l’Europa inerme, che dunque dovrebbe svegliarsi e diventare un mastino ringhioso.
Ma è davvero così? Proviamo a verificare.
La “prova madre” agitata da Draghi sarebbe questa: l’Europa non avrebbe saputo reagire ai dazi di Trump, mentre i paesi “cazzuti” — quelli che non si fanno mettere i piedi in testa — avrebbero invece risposto con fermezza, ottenendo chissà quali risultati. Ma quali sarebbero, esattamente, questi paesi “cazzuti”? E soprattutto: che cosa avrebbero davvero ottenuto, al netto della propaganda? Di solito, nell’elenco dei modelli da imitare, compaiono Cina, India e Brasile. Bene, guardiamo con un minimo di freddezza i dati, e vediamo nella tabella seguente come è andata davvero a finire.
Partner | Trattamento USA |
---|---|
Unione Europea | Dazi medi 10–15%, con negoziato che ha evitato tariffe più alte. |
Cina | Dazi fino al 145% sulle importazioni, ridotti temporaneamente al 30% durante una tregua. |
India | Dazi del 25% “reciproci” + 25% punitivi per il petrolio russo (totale 50%). |
Brasile | 10% base su prodotti brasiliani + 40% punitivo per motivi politici (totale 50%). |
Resta allora da capire perché, alla fine dei conti, l’Unione Europea abbia ottenuto un trattamento nettamente migliore rispetto a quelle che vengono dipinte come “potenze” emergenti o consolidate, cioè i famosi paesi “cazzuti”. Gli unici ad aver spuntato condizioni ancora più favorevoli sono stati Canada e Messico, protetti dall’accordo USMCA, e il Regno Unito, che certo non può più dirsi una “potenza” ma che ha beneficiato di qualche merito diplomatico e strategico.
E allora, la domanda a Draghi è inevitabile: che cosa avrebbe fatto lui, concretamente, se si fosse trovato a gestire quella partita? Invece di ripetere le solite panzane sull’Europa “inesistente” o “non considerata” — facendosi eco del coretto sguaiato del “buuu Europa” — non sarebbe più onesto riconoscere che, pur senza clamori, l’UE ha finora strappato il trattamento migliore?
O forse Draghi avrebbe preferito il destino della “potenza” Cina: subire prima dazi al 145% e poi, in via definitiva, un 30% fisso, cioè il doppio di quanto imposto all’Europa?
Loro si' che sono cazzuti.
Stabilito che Draghi sta raccontando delle autentiche panzane, resta da affrontare questa sua idea di fondo: l’Europa avrebbe senso soltanto se si trasformasse in una copia degli Stati Uniti, con l’unica variante folkloristica di mangiare Camembert, bere vino italiano e guidare automobili tedesche. Ma che diavolo di concezione è mai questa?
Ed eccoci alle due obiezioni più sbandierate: Ucraina e Palestina. Secondo Draghi, il fatto che l’Unione Europea non riesca a “fermare” quei massacri dimostrerebbe la sua inesistenza politica. E poiché non siamo capaci di imporre la nostra volontà alla Russia, a Israele o all’Iran, allora — ecco la sua conclusione — “non contiamo”.
Siamo insomma ridotti al paradigma da bar di provincia: quello di Francone il minchiadura, il bullo del paesone, per cui se non sei capace di menare le mani allora non vali nulla. Se questa è la cifra del pensiero “alto” che Draghi propone all’Europa, siamo davvero messi male.
Per cominciare, lasciatemi porre una domanda semplice. La Cina, che in Medio Oriente ha interessi enormi — dai contratti energetici con l’Iran alla gestione di terminal portuali strategici negli Emirati e a Haifa — si sta forse spendendo per risolvere il conflitto? Ha davvero voce nei negoziati? Non si direbbe.
E in Ucraina? Anche lì Pechino aveva investito pesantemente in infrastrutture e porti sul Mar Nero, da Odessa a Mykolaiv, eppure non è certo la Cina a dettare le condizioni della guerra o della pace.
E l’India? O la vostra “potenza cazzuta” preferita, sceglietela pure dal mazzo?
Perché allora non vediamo queste “grandi potenze” in campo, a imporre la loro volontà e a farsi rispettare, sebbene abbiano interessi enormi sia in Ucraina che in Medio Oriente?
L’altro argomento agitato da Draghi è che i cittadini europei “vorrebbero” un’Europa-potenza, armata fino ai denti e capace di proiettare forza militare dal Medio Oriente al Mar Nero. Davvero? A me non pare affatto. La mia impressione è che i cittadini europei desiderino sì che Israele ponga fine ai suoi crimini di guerra e ai suoi crimini contro l’umanità, e che sì, vogliano che la guerra in Ucraina trovi una conclusione.
Ma da qui a immaginare folle in delirio per un’operazione militare europea, roboante di bombardamenti e di muscoli imperiali, ce ne passa. È un’idea che sento uscire per la prima volta proprio dalla bocca di Draghi. Non vedo affatto masse smaniose di mandare i propri figli a morire, probabilmente a milioni, in un tritacarne ucraino. Tantomeno in una pulizia etnica di stampo religioso in Medio Oriente.
Non esiste alcuna legge di natura secondo cui una nazione, per avere dignità e peso, debba necessariamente trasformarsi in un impero, in uno stato-gendarme o, peggio ancora, in una potenza militare aggressiva. È un riflesso condizionato di certa retorica novecentesca, non un requisito della modernità.
Le nazioni riconosciute a livello ONU oggi sono 193 Stati membri più 2 osservatori permanenti (Santa Sede e Palestina). Quindi il totale si aggira intorno a 195 entità.
Se guardiamo a quante nazioni hanno davvero una proiezione militare globale (USA, Russia, Cina, Francia, UK, in parte Turchia e India), parliamo di non più di una decina. Tutte le altre — quindi oltre 180 Stati — si occupano principalmente del proprio benessere interno, senza alcuna velleità imperiale.
Ripeto: ben 180 nazioni nel mondo se ne sbattono altamente dell' Appalestina e dell' Ucraina. E ci vivono MILIARDI di persone.
E come cittadino europeo, trovo legittima la scelta di volerci comportare allo stesso modo. Non vedo perché l’Europa debba essere condannata, per definizione, a trasformarsi in un impero muscolare, a inseguire il mito del gendarme globale, a imitare la caricatura di potenze che proiettano forza militare a ogni costo. L’idea che una comunità politica abbia dignità solo se dispone di portaerei, arsenali atomici e truppe pronte a sbarcare dall’altra parte del pianeta appartiene al secolo scorso, non al nostro.
Al contrario, penso (e il mio pensiero ha una sua liceita' politica) che la dignità dell’Europa sta nel garantire infrastrutture solide, sistemi sanitari di qualità, istruzione accessibile, ricerca, tecnologie e diritti civili. Se più di 180 Stati nel mondo vivono serenamente senza dover “contare” a colpi di cannoni, non si vede perché a noi debba essere negata questa possibilità. Non è un destino scritto nella pietra: è una scelta politica, e come tale legittima.
La verità è che i cittadini europei non chiedono crociate, non invocano guerre preventive, non desiderano mandare i loro figli a morire in nome di un’astratta “proiezione imperiale”. Chiedono piuttosto sicurezza sociale, stabilità economica, tutela del lavoro, difesa dell’ambiente. È lì che si misura il peso di una comunità: nella capacità di costruire, non di distruggere.
Se questo significa essere “deboli” agli occhi di chi si masturba col Risiko geopolitico, ebbene: rivendico con orgoglio quella debolezza. Perché in realtà è una forza diversa, civile e moderna. L’Europa non è obbligata a diventare il clone degli Stati Uniti con il Camembert, il Barolo e la Mercedes: può legittimamente scegliere di essere qualcos’altro. Ed è proprio questa la sua occasione storica.
E le idee di Draghi sono quelle di Napoleone. Circa. Con un pizzico di Pipa, Marmo, e Fascio.