Fette di prosciutto francese.

Nell'avanzata (alquanto prevedibile, tra l'altro) del partito fascista francese, il Fn, non c'e' nulla di sorprendente, se non le “interpretazioni” e le “letture” che ne fanno sia i leader che gli intellettuali, di entrambe le parti. Cosi' come si fatica a capire la ragione del consenso di Trump. E la cosa peggiore e' che questi intellettuali continuano a costruire “spiegazioni” figlie di quella sociologia pseudomarxista che non serve a nulla nei tempi moderni.

Tutto, tutto, tutto quello che si sa o si crede di sapere leggendo queste spiegazioni e' falso.

Per prima cosa, tutta la retorica sulle banlieue e' sbagliata. Esse vengono identificate come i quartieri peggiori e male abitati del paese, ma se andiamo a vedere i dati econometrici, a Parigi sarebbe da considerare “Banlieue” quasi il 65% del territorio della Ile de France.

E questo potrebbe essere ignorabile, se non fosse che poi proprio da queste zone (le grandi citta' in Francia non sono molte) non arrivino le grandi vittorie dell' Fn, che originano piuttosto nei piccoli centri e nella provincia agricola.

Allora scatta subito da parte degli intellettuali l'accusa di un governo centralista che dimentica le zone rurali, ma nemmeno questo e' vero: si tratta di zone agricole, e sulle zone agricole francesi sono sempre piovuti sussidi come se non ci fosse un domani. Dire che nelle zone agricole francesi il governo sia assente e' semplicemente ridicolo:

Se qualcuno mi viene a raccontare che il governo centrale non ha fatto nulla, o ha fatto poco, per la provincia (i “paisenne”), mi viene da ridere. Non e' semplicemente vero.


Allora arrivano gli industrialoidi e ci raccontano che il problema e' che nella provincia si accumulano industrie che un tempo erano aperte, e oggi sono chiuse. E questo ha impoverito la popolazione.

L'industria francese ha ricevuto significativo sostegno e intervento da parte del governo nel corso della sua storia, in particolare nel periodo del dopoguerra. Ecco alcuni punti chiave:

  1. Pianificazione economica: Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il governo francese adottò una politica di pianificazione economica che contribuì fortemente all'espansione e modernizzazione delle strutture produttive industriali del paese[3].

  2. Creazione di grandi gruppi industriali: Il governo francese ha perseguito attivamente una politica volta a far nascere grandi gruppi industriali in vari settori, capaci di competere a livello internazionale. Questo è avvenuto sia attraverso la riorganizzazione di imprese pubbliche che attraverso incentivi alle imprese private[3].

  3. Settori strategici: L'intervento statale ha riguardato tutti i principali comparti dell'industria francese, tra cui l'industria elettrica, la siderurgia, la metallurgia, la cantieristica navale, l'aeronautica, la chimica, l'industria automobilistica, il tessile, l'industria del vetro, le banche e le assicurazioni[3].

  4. Modalità di intervento: Il sostegno è avvenuto attraverso varie modalità, tra cui:

    • Fondi pubblici per premiare produzione e commercializzazione
    • Costituzione , sotto patrocinio politico/pubblico, di società comuni
    • Partecipazioni azionarie incrociate, tra governo, manche governative e industriali.
    • Fusioni e acquisizioni dirette e finanziate dal governo.
    • Erogazione di incentivi per orientare le decisioni delle imprese private[3]
  5. Risultati: Questa politica ha effettivamente contribuito a rafforzare il sistema industriale francese, sebbene con alcuni insuccessi (ad esempio nel settore dell'elettronica)[3].

  6. Contesto europeo: L'inserimento della Francia nella Comunità Economica Europea ha anche giocato un ruolo importante nello sviluppo industriale del paese[3].

  7. Sfide recenti: Nonostante questi interventi, l'economia francese ha affrontato difficoltà a partire dagli anni '70, richiedendo profonde ristrutturazioni in ambito industriale. Queste hanno consentito un rilancio dei settori interessati, ma non sono state sufficienti per riportare il paese a elevati tassi di crescita e risolvere completamente il problema della disoccupazione[3].

In sintesi, l'industria francese ha beneficiato e continua a beneficiare di un significativo sostegno governativo, attraverso una varietà di politiche e interventi mirati a rafforzare la competitività e la presenza internazionale delle imprese francesi.

A leggere le fonti, onestamente, mi sembra che il governo francese abbia aiutato anche troppo le industrie d'oltralpe, impattando anche troppo sul debito pubblico per farlo.


E a questo punto dobbiamo chiederci: ma allora perche' tutto questo malcontento? E in questa frase c'e' un errore di base, cioe' quello di non capire che il malcontento non e' l'effetto di qualche cosa, come la politica migratoria o altro. Bisogna cominciare invece ad abbracciare l'idea che il malcontento sia non un effetto di qualcosa.... ma che sia la causa.

Chiediamoci:

“I francesi sono felici?”

E la risposta, come nel caso degli americani, e' che evidentemente non lo sono. Ora, analizzare le cause della felicita' e' troppo complesso, e non ci sono risposte definitive, quindi quello che dobbiamo fare e' usare la felicita' come causa prima del discorso politico. Ma notiamo una cosa, se osserviamo Europa e USA:

happy

E vediamo che riguardo alle virate verso destra , cominciamo dal verde chiaro in poi, mentre le societa' piu' felici sembrano progressiste.

Anche nel continente nordamericano, notiamo che il confine verde chiaro/verde scuro rappresenta il confine tra societa' progressiste e societa' retrograde.

In definitiva, quindi, possiamo dire che notiamo una certa correlazione tra felicita' dei cittadini e svolte verso certi partiti.

Le societa' dove certe istanze del fascismo sono quelle societa' che hanno fallito nel produrre felicita'.

E' piu' semplice.

Fonti: [1] https://www.senato.it/3182?newsletter_item=1778&newsletter_numero=167 [2] https://www.cleiss.fr/docs/regimes/regime_france/it_4.html [3] https://www.senato.it/3182?newsletter_item=1809&newsletter_numero=170 [4] https://european-union.europa.eu/principles-countries-history/eu-countries/france_it [5] https://www.governo.it/sites/new.governo.it/files/comitato_rapporto.pdf

Uriel Fanelli


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