Fediverso: Rocko se ne va?

Fediverso: Rocko se ne va?
Photo by Jonathan Cooper / Unsplash

È di ieri la notizia che il signor Mastodon — l’autore della piattaforma che domina il fediverso, e che io continuo a rifiutarmi ostinatamente di hostare — ha deciso di fare un passo indietro nello sviluppo. La mia prima reazione è stata un lapidario “era ora”, ma il resto del fediverso sembra ignorare la portata del disastro che quell’individuo ha combinato lungo la strada.

La ragione della sua ritirata, a ben vedere, è che stanno arrivando al pettine i nodi creati dalla sua stessa visione, o meglio, dal suo ostinato modo di concepire il software.

Per descrivere il problema mi torna in mente una battuta che mi fece anni fa un programmatore svedese di Ericsson:

i tedeschi non dovrebbero programmare; qualunque cosa tocchino diventa SAP. Dovrebbero limitarsi a correggere i bachi e a gestire operations.


E cosa significa “diventa SAP”? Significa che un progetto diventa “legacy”: migliora nella manutenzione, si rafforza eliminando difetti, ma smette completamente di innovare. È l’equivalente informatico di una VW Golf: sempre uguale, sempre stabile, sempre più stabile. Ma di nuovo, niente.

Ed è esattamente quello che è accaduto a Mastodon. Rocko si è opposto per anni a qualunque tentativo di introdurre nuove funzionalità — e non parlo soltanto di cose strutturali come i gruppi: ha bloccato perfino micro-miglioramenti come la possibilità di rispondere citando il messaggio originale.

Il suo dogma era semplice e devastante: se non è un difetto che rompe qualcosa, non ci mettiamo mano. Stop. Proprio come accade con le auto d’epoca, l’unico obiettivo diventa mantenerle in funzione e riparare gli acciacchi dell’età, rendendole sempre più robuste ma eternamente identiche a sé stesse.

Il problema è che il fediverso nasce — o doveva nascere — come ecosistema in crescita, aperto, innovativo, capace di rompere schemi. Ma quando la stragrande maggioranza dei nodi gira su Mastodon, e Mastodon viene deliberatamente trasformato in una piattaforma legacy, l’effetto sull’intero sistema è inevitabile.
Sul nodo gestito da Rocko, infatti, il risultato è stato questo:

Che cosa è successo, dunque? È successo che l’utente del fediverso — l’early adopter classico, quello che cerca la piattaforma che rompe gli schemi — si è ritrovato tra le mani un sistema che, invece di innovare, sembra voler imitare Twitter in ogni dettaglio possibile.
E qui la domanda sorge spontanea: perché aspirare a somigliare a Twitter/X, cioè all’underdog per eccellenza dei social network? Qual è il senso di rincorrere un modello in declino, per giunta mal copiato?

Non c’è una risposta logica. È un grande boh.
Ma, d’altra parte, perché la Golf deve essere così irrimediabilmente “golfosa”?
Altro boh.
Semplicemente è nella loro natura: prodotti nati per mantenersi stabili, rassicuranti, immobili — anche quando il mondo attorno si muove.


Sia chiaro: nonostante l’incapacità cronica di Rocko nel produrre innovazione e nel gestirne l’intero ciclo di vita, l’idea alla base rimane ottima. Rimane ottima anche se il protocollo — l’ho detto da sempre — è patetico, un rattoppo mal riuscito che sopravvive solo per inerzia.

Ed è qui che arriva il nodo vero.


Esistono piattaforme che provano seriamente a costruire uno spazio sociale federato: NodeBB, Lemmy, Kbin… tutte tentano di portare nel fediverso nuovi modelli di interazione. Ma si scontrano con lo stesso muro: Mastodon — cioè Rocko — è ostile all’introduzione di un nuovo actor del protocollo, il “gruppo”.

Risultato? Anche se la sua piattaforma riceve un messaggio proveniente da un gruppo su uno di questi forum federati, semplicemente lo ignora. Fa finta che non esista. E poiché Mastodon è la piattaforma mainstream del fediverso, la sua cristallizzazione in modalità “legacy” ha prodotto un danno sistemico: ha congelato il resto dell’ecosistema. Gli altri software, vedendo che la maggioranza dei nodi ignora il nuovo actor, hanno smesso persino di provarci.

Niente male, come disastro: un singolo progetto, incapace di evolvere, che trascina a fondo l’intero ambiente che avrebbe dovuto far fiorire.


Si potrebbe tranquillamente attribuire tutto questo alla tipica cultura IT dei millennial: quella mentalità da “devo diventare Zuckerberg entro domani”, perché ovviamente sono troppo geniali per non riuscirci, e la loro magnificenza — sì, proprio la stupendezza autopercepita — non può minimamente tollerare consigli, confronti o aiuti da parte di qualcuno con più esperienza alle spalle.

Una cultura che in Italia avete già visto all’opera: la gestione “censuro a caso le istanze nuove e piccole perché sì”, o la follia del brand hijacking — il tentativo ridicolo di autoproclamarsi l’istanza italiana di Mastodon, come se il fediverso fosse un condominio con l’amministratore unico e l’assemblea straordinaria.

Il punto è che questi personaggi inseguono il sogno infantile di diventare Zuckerberg da soli, in solitaria, in purezza. Peccato che in un sistema federato questo approccio sia un ossimoro totale: nel fediverso, “da soli” non è un piano; è già di per sé un problem statement, la dimostrazione pratica che non hai capito il contesto nel quale pretendi di operare.

E, sia chiaro, non è un fenomeno limitato all’Italia. La stessa dinamica si è vista con l’arrivo dei forum federati: se vuoi federare con un’istanza Lemmy — o con altre piattaforme dello stesso ecosistema — devi chiedere il permesso. Letteralmente. Perché di default non federano con nessuno, salvo una whitelist scelta da loro.
Domanda: ha davvero senso inventare un forum federato che non federa?
Cos’è, un paradosso performativo?

E poi viene la questione più ovvia: visto che i forum federati, nella pratica, si riducono a tre piattaforme in croce, ha senso non organizzare una banalissima videochiamata fra i tre sviluppatori per stabilire un comportamento comune e renderli interoperabili?
Parliamo di un’ora di call, non di un vertice dell’ONU.

Ma certo: se sei un millennial in piena sindrome di stupendezza, con una vena narcisistica che ti suggerisce che domattina meriti un triliardo per la tua brillantezza mai riconosciuta, allora “procedere da soli” diventa ovvio. Bisogna vincere da soli, senza collaborare, senza armonizzare nulla, perché la cooperazione è roba da boomer.

Cosa potrebbe mai andare storto in una piattaforma che esiste solo perché federata, se poi nessuno si mette d’accordo su come federare davvero?
Risposta: esattamente ciò che è andato storto.

Il problema di fondo, quello serio, è molto più generalizzato. Oltre ai limiti culturali tipici di certi ambienti tedeschi quando mettono mano all’IT, vedo un altro fenomeno ormai patologico: il narcisismo tossico dei millennials. Gente che, onestamente, non dovrebbe nemmeno avvicinarsi a un progetto software, perché qualunque cosa tocchino la trasformano in una specie di Tinder per Gatti.

Li riconosci subito: la nuova startup nasce non per risolvere un bisogno, non perché esista un singolo gatto che abbia chiesto quell’app, ma per puntare ai finanziamenti.

Non a caso, Rocko ha fatto tutto il possibile per scavalcare lo standard ActivityPub nella sua forma originaria — il C2S, client-to-server — sostituendolo di fatto con le API proprietarie di Mastodon.
Il modo in cui l’ha fatto è indicativo della sua mentalità: nessuno swagger, nessuna documentazione di riferimento, nessuna specifica chiara. Il minimo indispensabile per tenerle deliberatamente oscure e inutilmente farraginose da reimplementare.

E il capolavoro arriva dopo: quando si è fatto sviluppare la app ufficiale, ha pensato bene di cambiare unilateralmente le sue API. Risultato? La app funziona in modo impeccabile solo con server Mastodon, mentre le altre piattaforme federate, non potendo seguire i suoi capricci non documentati, restano tagliate fuori.

Una mossa che, in un ecosistema federato, è l’equivalente software del mettere i bastoni nelle ruote a tutti gli altri per assicurarsi che l’unica strada praticabile rimanga la propria.


Altro che apertura. È lock-in puro, travestito da standard aperto.


È ovvio che gli utenti più tecnicamente preparati si siano spostati altrove. Queste dinamiche le conosciamo fin troppo bene: sono le stesse identiche strategie che Microsoft ha usato per anni nel tentativo di soffocare l’open-source. E francamente, abbiamo tutti le scatole piene.

Qualcuno potrebbe obiettare: “Ma allora è una buona notizia: si è tolto dai piedi!”
Io, invece, il punto interrogativo l’ho lasciato bello grande. Perché è accaduta una cosa che i più maliziosi potrebbero guardare con un certo sospetto.

Quando Rocko ha fondato la Mastodon gGmbH, aveva due obiettivi chiari. E sì, quella “g” minuscola davanti a “GmbH” non è un vezzo grafico: sta per gemeinnützige, cioè una società a responsabilità limitata ma senza scopo di lucro — l’equivalente tedesco di una Onlus.
In quanto tale, aveva tutti i requisiti per accedere a diversi finanziamenti, inclusi quelli europei.

Il problema è che nell’aprile 2024 questo status di “ONG/Onlus” gli è stato revocato. I link sono quelli che ho già citato: Heise, Golem, e compagnia cantante.

E qui arriviamo alla parte delicata.
Perché i progetti finanziati non erano esattamente spiccioli:

  • Il progetto Mastodon-for-institutions, finanziato tramite NLnet / NGI0 Commons Fund (grant n. 101135429).
  • Il progetto Mastodon – groups, filtering, moderation, finanziato tramite NGI0 Discovery Fund (grant n. 825322).
  • E poi la comunicazione ufficiale in cui Mastodon afferma che la Commissione Europea, tramite il programma NGI, “ha contribuito a finanziare alcune funzionalità” nel 2024.

Lo sappiamo tutti cosa direbbero i maligni: collegare la revoca dello status non profit alla mole di finanziamenti ricevuti, e far correre certe ipotesi.
Io non sono un maligno, sia chiaro.
Ma se Rocko dovesse difendersi pubblicamente anche solo dall’ombra di questi sospetti, diciamo che non sarebbe un dibattito semplice per lui. La narrazione diventerebbe rapidamente ingestibile.

Soprattutto considerando che alla voce “groups, filtering, moderation” — che pure dovevano essere oggetto del finanziamento — finora si è visto poco o nulla.

OPS.

Sia chiaro, non sto gridando allo scandalo fiscale. Qui in Germania, quando il Finanzamt revoca lo status di gemeinnützig, non significa automaticamente guai penali o scandali: significa che l’ente deve rimettere in ordine la documentazione fiscale, e pagare gli arretrati non pagati. La legge consente fino a tre anni per chiarire, correggere o integrare quanto richiesto — e, se necessario, pagare eventuali differenze dovute. Siccome la revoca è del 2024, il margine tecnico arriva al 2027. Tutto qui: un normale spazio di manovra amministrativo, anche se la coincidenza con i vari grant ottenuti da Mastodon rende la vicenda, diciamo, delicata da gestire sul piano dell’immagine.


Quello che Mastodon ha annunciato, in realtà, non assomiglia affatto a un cambio di vertici. Non c’è stato uno strappo, non c’è stata una rifondazione: semplicemente le seconde linee di Rocko sono state ufficializzate nei loro ruoli, e lui si è ritagliato la classica posizione da presidente onorario, come diremmo in Italia.

Per questo ho SERIE perplessità nel considerare questa operazione un vero cambio al timone: sul piano culturale mi sembra più una rotazione interna che una discontinuità reale. Il problema, insomma, resta esattamente dove stava.


Uscendo dall' istanza "centrale", come vanno le cose in Italia?

Non tanto bene.

Mastodon uno, o "l'istanza Mastodon italiana" (LOL)

Come vedete, l'istanza mastodon italiana, come ha cercato di proporsi sul mercato, ha "qualche problema di engagement" , come si direbbe oggi. Significa che li utenti si iscrivono, la trovano sempre meno interessante, e smettono lentamente di usarla.

Cosi' il numero di utenti cresce, l'attivita' per utente cala. Nemmeno su LivelloSegreto, l'altro "grande" del Fediverso, le cose vanno tanto meglio.

Perché questo crollo dell’engagement, visto che queste istanze non hanno i problemi strutturali di mastodon.social?


La risposta è semplice: la moderazione “democristiano-comunista” che stanno applicando. Entrambi i boss delle due istanze stanno cercando di tenere insieme due pubblici completamente incompatibili: i normies e i wannabe-rebel.

Per acchiappare i wannabe-rebel — cioè la caricatura del giovane che hanno in testa gli over-40 — si atteggiano a rivoluzionari: treccine, musicaccia punk, battute su videogame e pose da ribelli da centro sociale.
Per non spaventare i normies, li moderano come se fossero una puntata del sabato sera di Pippo Baudo: tutto pulito, tutto composto, tutto “adatto alle famiglie”.

Il risultato è ovvio: chiunque abbia opinioni più forti o semplicemente più originali della media viene prima bandito e poi addirittura defederato. Non basta espellerti dalla loro istanza — ti vogliono proprio fuori dal loro campo visivo.
Con questo approccio, le due istanze italiane più grandi sono diventate il social della noia: un posto tiepido, spento, rassicurante fino all’anestesia.

Io posso anche capire l’approccio nazionalpopolare — se vuoi essere la Rai del fediverso, è chiaro che non ti piacciono le teste calde. Ma io non ci ho mai avuto un account, e la policy della mia istanza personale è banale: “se è legale dirlo in Germania, allora puoi dirlo”. Fine.

Loro invece, senza avere la minima idea di cosa stiano facendo, hanno defederato praticamente tutte le piccole istanze italiane. Invece di essere furbi e lavorare sull’engagement — tenendo i personaggi scomodi fuori ma lasciando che interagissero dall’esterno — hanno deciso di tagliare tutto.
Facebook pagherebbe oro per una funzione del genere, e loro la buttano via come se fosse spazzatura.

Il risultato?

LA NOIA.

E neanche quella graziosa e malinconica alla Angelina Mango.
Qui è proprio noia piatta, industriale, senza sapore.


Ovviamente, visto che i millennial non si distinguono per leadership o per responsabilita', i loro sysadmin sono presi dal negare, negare, negare , di avere tenuto questa poltica. Mai bannato, mai silenziato. Poi fai un controllo con curl, e vedi chiaramente il ban. Perche' il coraggio alberga in loro, la furbizia no.

Ma questo atteggiamento e' ancora peggiore, perche' oltre a far schifo alla gente in senso politico, fai schifo alla gente anche in senso umano.

E poi ci sono le incongruenze più terra-terra. Chiedere soldi agli utenti per coprire “i costi strutturali di far girare un Mastodonte come Mastodon” potrebbe anche avere senso… se non fosse che oggi esistono alternative infinitamente più leggere: Pleroma, GoToSocial e altre soluzioni che richiedono una frazione delle risorse.

Invece no: restano schiacciati dal peso dell’hosting, continuano a lamentarsene, ma non fanno il minimo sforzo per alleggerirlo. Preferiscono mantenere un’infrastruttura pachidermica, poi passare il cappello ogni mese. È una scelta, certo — solo che è la scelta peggiore possibile.


Detto questo, come vedo io l'uscita di Rocko da Mastodon? Se non e' un trucco per far passare di nuovo la sua societa' per gGmbH e riprendere lo status, non direi che cambiera' qualcosa.

Nel senso che i problemi del fediverso, e' vero, derivano dalla psicologia millennial di chi lo fa, ovvero dei principali attori. E questa non e' cambiata.

Quindi a lungo termine vedo un calo di interesse da parte di quel pubblico che sarebbe rimasto a chiacchierare, se soltanto una generazione di sysadmin pirla non avesse imposto il "formato pippobaudo" al regolamento delle istanze. E quindi non si chiacchiera davvero, se non per darsi ragione a vicenda. Per il piacere di una discussione franca, devi andare altrove.

Alla fine, probabilmente, rimarranno solo quelli interessati, e quelli interessanti: probabilmente anziche' usare delle brutte copie di twitter come piattaforma, finiranno su Lemmy o Kbin, o anche NodeBB.

Ma non saremo tanti.