Déjà-vu: arrivano i maschi "performativi".
L'Occidente nel suo complesso sta invecchiando, nel senso più letterale del termine: una porzione sempre più consistente della popolazione è ormai anziana, e di conseguenza bisogna confezionare i mass media secondo i loro gusti e le loro aspettative. Ma non si tratta soltanto dei media: questo fenomeno si estende capillarmente anche alla politica. Ed è proprio per questa ragione che capita con una frequenza impressionante di trovarsi a rivedere le stesse boiate di quaranta, cinquant'anni fa, riproposte con una passata di vernice fresca e qualche termine aggiornato.
Sia chiaro: il problema del sessantottino italiano è che il 1968 è arrivato in Italia grossomodo ai tempi della manifestazione del Parco Lambro, vale a dire intorno al 1976, quando già era materiale rimasticato e di seconda mano. E quando parlo di "rimasticato", intendo dire che consideravano "moderno", "al passo coi tempi", se non addirittura rivoluzionario, uno come Adriano Celentano. Penso di aver detto tutto quello che c'era da dire.
Ma il revival che stiamo vivendo oggi è ancora più molesto e insopportabile. Non perché sia strano o innaturale che qualcosa torni di moda: se tornano di moda i pantaloni a zampa d'elefante degli anni Settanta, tutti dicono con onestà intellettuale "torna la moda degli anni Settanta". È un discorso chiaro, trasparente, intellettualmente onesto. Quello che sta tornando di moda oggi, invece, è la politica degli anni Settanta, ma stranamente nessuno si sogna di dirlo esplicitamente. Nessuno dice "tornano di moda le femministe anni Settanta", oppure "torna di moda la sinistra anni Settanta", o ancora "torna di moda la destra anni Settanta".
Mi riferisco alla minestra dei cosiddetti "rapanelli". Negli anni Settanta si verificò un cambiamento radicale di costume, che consentiva alle ragazze "moderne" di scegliere autonomamente i propri fidanzati, di uscire fino a tardi, di vestirsi in maniera meno castigata e pudibonda, di decidere liberamente se e quando fare sesso con un ragazzo, e soprattutto di non arrivare necessariamente vergini al matrimonio.
A destra, tanto in area cattolica quanto nell'estrema destra, si continuava come prima: niente sesso prima del matrimonio, il bacio con la lingua era considerato peccaminoso, una cosa "francese", e le brave ragazze non facevano questo e non facevano quello. Almeno, questa era la versione ufficiale da dare in pasto all'opinione pubblica.
Ovviamente, quale fu la scelta "politica" della popolazione maschile italiana? Tutti quanti a sinistra, in massa. Per quale ragione? Non certamente perché avessero abbracciato sinceramente le idee di sinistra, ma piuttosto perché, come si suol dire con una certa crudezza, le motivazioni offerte dalle "ragazze moderne" tiravano più di una coppia di buoi. Come sintetizza mirabilmente il comico Albanese con la sua celebre battuta: "U pilu".
Il problema, tuttavia, era che le ragazze del periodo non erano disposte a stare con dei trogloditi, quegli stessi individui che dopo averle frequentate intimamente sarebbero andati in giro a cercare una brava ragazza "perbene" da sposare e presentare alla famiglia. Vergine. E così, dal momento che i "moderni" stavano tutti rigorosamente a sinistra mentre i trogloditi stavano tutti schierati con la Democrazia Cristiana (i fascisti erano quattro gatti e non contavano nulla), i primi erano conosciuti come "i rossi" e i secondi come "i bianchi".
Ora, fino a tutti gli anni Ottanta, per riuscire a conquistare e frequentare una ragazza "libera", cioè rossa, occorreva necessariamente fingersi rossi. Anche se poi, nella propria mentalità profonda, si rimaneva dei trogloditi incalliti. E moltissimi maschi italiani si specializzarono proprio in questo elaborato travestitismo politico. Questi travestiti politici nutrivano in realtà idee da bigotti di provincia, ma per entrare in contatto con le ragazze "moderne" si vestivano esattamente come i "rossi" e ne imitavano pedissequamente il linguaggio. Parlavano, sottolineo, come loro.
E siccome esisteva questo netto dualismo culturale e politico tra rossi e bianchi, si coniò per questi individui il termine efficacissimo di "rapanello", vale a dire rosso fuori ma bianco dentro. Perché le ragazze sessantottine erano progressiste, certo, ma non erano affatto sceme. E un troglodita pronto a dare della poco di buono a una ragazza per qualcosa che gli aveva fatto enormemente piacere fare insieme, ad alcune di loro non andava proprio giù.
Nacque così la definizione memorabile di "rapanello".
La faccenda si concluse definitivamente con gli anni Ottanta, ma se ne parlava ancora per inerzia culturale. O meglio, chi era adolescente negli anni Ottanta ne sentiva parlare diffusamente, perché a discutere di politica e di questioni politiche erano sempre quelli che per noi rappresentavano "gli adulti". E che ci sembravano irrimediabilmente patetici nel loro attaccamento a quelle dinamiche, ma questo è un discorso completamente diverso che meriterebbe un capitolo a parte.
Oggi assistiamo a un fenomeno curioso: gli Stati Uniti hanno adottato questa moda politica degli anni Settanta europei (sono davvero all'avanguardia, davvero incredibile), e chiaramente ne stanno seguendo pedissequamente i passi, con l'unica innovazione di utilizzare terminologie in lingua inglese. Essendo completamente privi di creatività originale, i "rossi" contemporanei non riescono a creare assolutamente nulla di nuovo: dopo aver rimesso in discussione le identità sessuali esattamente come si fece con il rock degli anni Settanta (Iggy Pop e David Bowie furono legati sentimentalmente per un periodo considerevole, solo per citare un esempio notorio), adesso si ritrovano semplicemente a tradurre in inglese un concetto già ampiamente noto, quello appunto dei "rapanelli", ribattezzandolo "maschi performativi". Il maschio performativo sarebbe, secondo questi entusiasti cultori delle novità stupefacenti, quel maschio che "performa" l'essere femminista, che mette in scena una recita di femminismo. Aha, complimenti per l'intuizione.
Che novità davvero strabiliante e rivoluzionaria. È stupefacente nella sua incredibile originalità. (qualcuno ha detto "sarcasmo"?). Certo, si tratta di un'idea talmente vecchia che era già vecchia e consunta quando io stesso ero giovane – io appartengo alla generazione degli anni Ottanta, i settantini per me rappresentavano già un decennio precedente, qualcosa di superato – eppure qualcuno pretende ancora che sia una scoperta fresca e recente. E queste presuntuose signorine che credono di aver inventato la ruota sono lì, saccenti e supponenti esattamente come erano le loro nonne ai loro tempi, intente a spiegarci con tono cattedratico cose che abbiamo già sentito decine e decine di volte, con l'unica differenza che stavolta si utilizza pomposamente una parola in lingua inglese per darle un'aura di modernità.
La noia che tutto questo genera.
La noia profonda, inesorabile.
La noia mortale.
La sinistra e' noia. Noia. Noia. Noia. Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.Noia. Noia. Noia.
Yawn.
Manca l'originalità. Mancano le novità vere. Manca completamente la creatività. Tutto quello che il sistema culturale e mediatico contemporaneo riesce a fare è soddisfare una popolazione ormai anziana rimasticando pedissequamente quello che hanno già consumato e digerito da giovani, approfittando cinicamente del fatto che gli anziani moderni non sanno accettare serenamente la propria età anagrafica. E probabilmente, leggendo queste proposte riciclate, penseranno con una certa autocompiacenza che questi concetti sono "ancora tremendamente attuali", e dunque loro stessi sono, in qualche modo misterioso, ancora giovani e al passo coi tempi.
Onestamente, me ne preoccupo relativamente poco, per la semplice ragione che sono una persona cresciuta culturalmente con gli anni Ottanta, non con gli anni Settanta. Per me la rivoluzione dei costumi sessuali l'ha incarnata Sophie Marceau con "Il tempo delle mele", non certo "Ultimo tango a Parigi", che mostrava sostanzialmente uno stupro, o "Gola Profonda", che come è emerso dalle indagini successive rientrava perfettamente nella fattispecie di "violenza privata" secondo il codice penale italiano.
I due film "rivoluzionari" degli anni '70, per darvi un'idea. In pratica, due violenze. E meno male che erano quelli evoluti.
Ma il vero problema di questo rigurgito indigesto, per non dire vomito culturale, di materiale che si masticava già negli anni Settanta, non è semplicemente che sia noioso da morire, o che non presenti alcuna originalità apprezzabile, o che non offra nulla di genuinamente nuovo.
Il problema fondamentale è che so già perfettamente come andrà a finire. Conosco già l'epilogo di questa storia. Perché c'ero l'altra volta, quando è successo la prima volta. E questa puntata è esattamente identica alla precedente, fotocopia perfetta.
Il futuro di questa merda per me è soltanto un déjà-vu.
Come scrisse Albert Einstein, la pazzia consiste nel rifare le stesse cose aspettandosi che diano risultati diversi. Si può tranquillamente pensare, per semplice igiene mentale, che se stiamo rifacendo le stesse cose di allora, finiremo per ottenere gli stessi identici risultati.
Quali risultati? Che ne avevamo già strapiene le palle di questo modo di fare politica e costume, al punto che, non appena arrivò qualcosa di diverso, diventammo la famosa generazione del disimpegno, quella del “crollo degli ideali”. Aderimmo in blocco alla piattaforma degli anni ’80 e ci trascinammo dietro praticamente l’intera popolazione, tranne poche carampane raggrinzite e alcuni fessi castrati che decisero orgogliosamente di rimanere “fedeli alla linea”.
In particolare, il nuovo "prodotto culturale" che emerse si articolava su diversi fronti ben precisi:
Sul piano della musica per i giovani, il pop spazzò via senza pietà tutta quella generazione di wannabe e di ciarlatani che pretendevano di "fare la rivoluzione con la musica", i cosiddetti "cantanti impegnati" e i loro "testi rivoluzionari". I Nomadi diventarono esattamente quello che erano sempre stati: una spazzatura politica riciclata in salsa folk. La pop music cambiò radicalmente tutti i paradigmi. Non dovevi più essere una guida politica o un intellettuale organico per avere il diritto di fare musica.
- Il concetto che dovessi necessariamente far parte di una corrente politica per essere considerato libero e giovane scomparve completamente. La musica degli anni Ottanta declinava il concetto di libertà, ma in maniera esclusivamente individualistica ed edonista. Cindy Lauper prese il posto di Raffaella Carrà, Mia Martini e Mina. Ed era maledettamente ora. Per noi metallari erano Doro Pesch e Wendy O. Williams a prendere il posto di Joan Baez nel nostro immaginario. E ci abbiamo guadagnato un sacco.
- La cultura doveva finalmente anche essere divertente: nacque il concetto rivoluzionario di "intrattenimento", che sostituì quello vetusto e insopportabile di "cultura alta, noiosa, spocchiosa" che imperava fino ad allora. Ne danno la triste notizia i parenti ancora in lutto della Corazzata Potëmkin.
E questo è esattamente quello che causerete anche voi. Perché l'insofferenza verso voi sciacquette e verso tutta questa dialettica vecchia di cinquant'anni sta, ovviamente e inevitabilmente, crescendo. E siccome voi state diventando la massa dominante, chi vi dà contro si fregia automaticamente della parola "ribelle". E l'epica vince SEMPRE sulla dialettica.
Mi aspetto, da qui a dieci anni al massimo, un nuovo "pop", un nuovo individualismo radicale, un nuovo edonismo sfrenato. Perché noi fummo il prodotto naturale della morte cerebrale degli anni Settanta, e adesso che si stanno rifacendo pedissequamente le stesse identiche cose, una nuova generazione prenderà inevitabilmente il nostro posto nella dinamica generazionale.
E sì, so già perfettamente cosa direte. Tradurrete in lingua inglese le parole "disimpegno", "riflusso" e anche "crollo degli ideali" come avete fatto con "rapanelli" che diventa inglese (performatice) e poi ital-glese :"performativo". E ripeterete esattamente le stesse identiche cose che dissero allora, come un disco rotto.
Ma soprattutto, arriverà inevitabilmente un nuovo Berlusconi, con i suoi media alternativi a quelli dell'establishment esistente.
E soprattutto arriverà un nuovo Drive In.
TETTE!
Evviva!
