Davvero questo qui era “egemonico & culturalico”?

Talvolta, aprendo i giornali italiani al mattino, si prova un senso di sconforto simile a quello di chi scopre che il caffè è stato annacquato con retorica.

È quel particolare stato d’animo in cui, ancora aggrappati a un barlume di fiducia nella ragione pubblica, ci si imbatte nell’ennesimo tributo devoto a Massimo Cacciari — il quale continua ad essere presentato come un faro del pensiero contemporaneo, nonostante la sua recente e stupefacente affermazione secondo cui, in base alle leggi della termodinamica, l’universo tenderebbe “sempre più verso l’ordine”. (ne parlo nel podcast)

Un’idea che, con tutto il rispetto per l’immaginazione, rappresenta un’interpretazione talmente fantasiosa del secondo principio della termodinamica da far impallidire perfino certi testi astrologici degli anni ’70.

Ora, non è mia intenzione suggerire che la competenza scientifica sia prerequisito indispensabile per la riflessione filosofica. Tuttavia, quando si manipolano concetti scientifici con la disinvoltura di un illusionista di provincia, il rischio è che si trasformi il pensiero in prestidigitazione verbale, offrendo non contenuti ma arabeschi linguistici, affascinanti solo per chi non ha mai sentito parlare di entropia fuori da un trattato di estetica.

Così, a ogni nuova esternazione del Nostro — spesso pronunciata con quella gravitas da sibilla laica che fa sembrare ogni frase un frammento presocratico ritrovato sotto la sabbia — si insinua un dubbio sempre più solido: e se, dietro l’apparente profondità, ci fosse semplicemente una notevole padronanza della posa intellettuale? Una brillante arte oratoria, certo, ma più incline al vago che al vero.


Mi riferisco a quest' “intervista” che quotero' e commentero'.

Dopo aver esordito dicendo che su Venezia si dicono solo sciocchezze, con un esempio che nessuno capisce perche' e' troppo stupido, Cacciari comincia a rispondere alle domande:

E qual e' (il problema vero) È la montagna di sciocchezze che si dicono per confondere le acque. Se si infilano in un frullatore Bezos, Venezia, le guerre, Trump, le ingiustizie, la distruzione del pianeta, il capitalismo, l’evasione fiscale, l’overtourism, il lusso e via elencando, esce un liquido in cui nulla è più distinguibile. La confusione mira a impedire la comprensione dei problemi

Questo mi sorprende, perche' Cacciari sembra lamentare di quello che io chiamo Progetto Cagnara, quindi per un attimo mi si accende una speranza. E lo vediamo subito.

Puo' fare un esempio? Il più patetico è quello del presidente del Veneto Luca Zaia. Ha attaccato l’Anpi, critica verso Bezos, ponendo sullo stesso piano mister Amazon, i suoi ospiti e lo sbarco degli americani che hanno liberato Europa e Italia dal nazifascismo. Sarebbe una barzelletta, o la conferma che all’idiozia non ci sono più limiti. Zaia però conosce la storia e dunque le sue parole da una parte segnalano che la classe dirigente dell’Occidente si è bruciata il cervello: dall’altra sono la prova dell’esistenza di un disegno deciso a smantellare i valori e i diritti democratici fondati sulla resistenza alle dittature

Dunque, cerchiamo di seguire il raffinato ragionamento del professor Cacciari, nella sua ultima epifania giornalistica: il vero problema, a suo dire, è che il presidente Zaia avrebbe mescolato elementi privi di connessione logica, producendo un pastone concettuale tipico del “progetto Cagnara”. Fin qui, sorprendentemente, si potrebbe persino trovarsi d’accordo: la confusione tra piani diversi del discorso pubblico è davvero uno dei mali del nostro tempo.

Ah, dimenticavo: Zaia sarebbe un simbolo cosi' chiaro della “classe dirigente occidentale”, che le sue parole sono prova dell'esistenza del piano dei LORO, per “smantellare i valori e i diritti democratici fondati sulla resistenza alle dittature”. Zaia, ti sei tradito!!! Esci con le mani in alto!

In definitiva, siccome Zaia ha tradito i loschi piani della classe dirigente occidentale, di cui fa parte, il Cacciari parte alla carica come solo Don Chisciotte avrebbe saputo fare, sostenendo che esisterebbe un disegno preciso — sottinteso, globale e probabilmente orchestrato da entità nebulose, i soliti “LORO” — per smantellare i valori e i diritti democratici fondati sulla Resistenza. Il tutto, s’intende, a partire dal matrimonio tra Jeff Bezos e Lauren Sánchez.

Siamo, insomma, di fronte a un’argomentazione che rifiuta con sdegno il minestrone ideologico altrui, ma poi serve la propria zuppa mistica condita con ingredienti esoterici: un’operazione che ricorda molto il dichiararsi ostili alle teorie del complotto, per poi attribuirne la diffusione a un piano segreto degli alieni in preparazione dell’invasione terrestre. La coerenza, come sempre, è il grande assente — ma coperta, sia chiaro, da una cortina di parole talmente solenni da far sembrare qualsiasi obiezione un atto di lesa maestà intellettuale.

E Bezos cosa c’entra con il frullatore della verità azionato da chi difende ciò che lui rappresenta? «Nulla, però è cruciale distinguere e capire che non viene a liberare Venezia, o a salvarla con donazioni e promozione. È qui per confermare che la si aiuta solo a patto che accetti di essere il palcoscenico a disposizione di chi ha bisogno di visibilità, o di ostentare il proprio potere. Chi falsifica questa realtà ricorda i folli proclami sull’Europa».

Devo ammetterlo: provo una certa stima per il giornalista che conduce l’intervista. Si percepisce chiaramente lo sforzo — quasi fisico — di mantenere una linea di razionalità, di porre domande sensate, ancorate alla realtà empirica, come chi tenta di condurre una conversazione sobria in un salotto improvvisamente invaso da una compagnia teatrale dadaista. Eppure, proprio in risposta a una di queste domande — legittima, misurata, perfino educata — la replica di Cacciari si apre con un tonante “nulla”.

Un po’ come chiedere “che ore sono?” e sentirsi rispondere “cane”. Una risposta che non solo elude la domanda, ma la trascende, la ignora, la disintegra — per poi giustificarsi con un ulteriore slancio surreale: “e cosa c'entra con l'ora”? “ Niente, ma bisogna però capire che il cane non è una giraffa.” E siamo certi che qualcuno, da qualche parte, annuirà compiaciuto, pensando di trovarsi al cospetto di una verità profonda.

Siamo ormai in pieno dadaismo semantico. Chi, di grazia, avrebbe mai affermato che Jeff Bezos sia venuto a Venezia per liberarla? E da cosa, esattamente? Dalla marea? Dai piccioni? Da Zaia? L'unica cosa che sappiamo sinora e' che Bezos va a Venezia per sposarsi. E ammesso anche che qualcuno l’abbia detto, in quale universo parallelo questa liberazione assumerebbe una rilevanza politica tale da evocare i fantasmi della Resistenza e i valori democratici messi in pericolo dal matrimonio di un miliardario americano?

Ma, si sa, il gioco funziona così: si evoca uno spettro, lo si lega a un simbolo casuale — oggi Bezos, domani una gondola — e poi lo si collega, con un salto mortale logico, a “folli proclami sull’Europa”. Che c’entrano? Nulla. Ma appunto: proprio da questo nulla si sprigiona, secondo l’ermeneutica cacciariana, il segreto fulgore del tutto. Un nonsense circolare che si alimenta di sé stesso, come certi sofismi medievali ,con la sola differenza che almeno quelli avevano la decenza di essere dichiaratamente esercizi di logica astratta.

Quali? «Meloni sostiene il riarmo preteso da Trump e assicura che altrimenti la Russia invaderà l’intero continente. Cita il Si vis pacem para bellum: dallo sbarco americano del 1943 a Vegezio nel quarto secolo, da Bezos a Putin: la confusione come metodo serve a generare ignoranza e legittimare autoritarismo».

È notevole osservare come, dopo essersi lungamente lamentato del gran “frullato” di temi e significati che Zaia avrebbe propinato al pubblico — una miscela caotica e priva di rigore, dice lui — lo stesso Cacciari, senza colpo ferire, si produca nell’impresa opposta e speculare: infilarci, in un solo paragrafo, Giorgia Meloni, Donald Trump, la Russia, lo sbarco degli americani, Vegezio, Putin e, per non farsi mancare nulla, naturalmente anche Bezos. È un affresco che nemmeno Hieronymus Bosch sotto acido avrebbe osato comporre.

Ora, io capisco la fascinazione per la complessità, l’attrazione per le strutture storiche profonde, il desiderio di tracciare linee invisibili tra eventi apparentemente distanti. Ma, caro professor Cacciari, giova forse ricordarle — con tutta la pacatezza di cui sono capace — che l’oggetto della conversazione è il matrimonio di Jeff Bezos a Venezia. Niente crociate, niente guerre puniche, niente restaurazioni carolinge. La questione, per quanto fastosa e pacchiana, rimane nel dominio del gossip geopoliticamente irrilevante.

Il rischio, altrimenti, è quello di vederla scivolare in uno stato di trance ermeneutica, in cui ogni stimolo esterno — un elicottero, una gondola, un bacio nuziale — si trasforma in pretesto per evocare cataclismi planetari e scenari orwelliani. Un giorno finirà per infilarci anche Ivo Balboni, vedrà. Basta dargli tempo e un buon pretesto filologico.

Dà ragione ai No Bezos? «Per niente. Da decenni la sinistra lascia via libera ai neo-liberisti. Scopre a Venezia il loro disastro? Mille persone possiedono il doppio del Pil italiano: ai No Bezos voglio bene, ma le loro manifestazioni sono impotenti. Alla fine li contesta proprio chi è vittima del sistema che loro denunciano: quello che oggi permette la sopravvivenza a chi si era invece sempre sentito protetto dalla solidarietà».

E niente, il giornalista Giampaolo Visetti, al secolo, è un vero eroe. Riesce a tenere le redini della conversazione e a fare domande che hanno senso logico. Solo che Cacciari risponde e, nella stessa frase, dice che non dà ragione ai no-Bezos, perché sono decenni che la sinistra lascia libertà ai neoliberisti. Solo che non si capisce se a Cacciari questo vada bene o meno. E se non va bene, Cacciari dice che i no-bezos hanno torto perche' altri danno ragione, a torto, a Bezos. I no bezos hanno torto, cioe', perche' la sinistra sbaglia a non essere abbastanza avversa a Bezos. Che diavolo vuol dire?

Ok, continua Cacciari, è un disastro, visto che mille persone possiedono il doppio del PIL italiano, ma le manifestazioni dei no-bezos sono impotenti, quindi... boh. Quindi hanno torto? Se le tue manifestazioni sono impotenti allora hai torto? Oppure hai ragione? Boh. La frase non finisce, resta sospesa nel nulla.

Poi, Genius (cioè Cacciari) ci concede che a contestare il sistema sono proprio le sue vittime, come se fosse una novità. Chi altro, allora? Si aspettava forse che a contestare il sistema fossero i beneficiari del sistema stesso? La moglie di Bezos a seno nudo come le FEMEN? Un’immagine che non si sa bene come si colleghi al discorso, ma se dobbiamo buttare li' cose senza senso, allora tette. Sempre meglio delle muraglie della democrazia.

Infine, il sistema, dice Cacciari, oggi consente di sopravvivere a persone “il cui difetto era di sentirsi protetti dalla solidarietà”. Ora, in che senso questo sarebbe un problema? Dobbiamo forse sentirci in pericolo per la solidarietà? Qualcuno può spiegare la logica, perché io proprio non la vedo.

Professore di filosofia, le mie palle pelose.

Bezos ha promesso 3 milioni di donazioni: aiuteranno a salvare Venezia? «Briciole sparse perché detraibili dalle tasse grazie alle Fondazioni. Venezia nemmeno se ne accorge».

E dunque, che succede? Qualcuno ti versa tre milioni di euro, e tu invece di riconoscere il gesto, ci sputi sopra soltanto perché quel “bastardo” – come direbbe lui – li detrae dal fisco. Ora, va bene, la frustrazione per questo tipo di pratiche è comprensibile. Tuttavia, non si può ignorare che, nonostante tutto, quei soldi sono stati donati: tre milioni complessivi. Se la critica fosse stata che questa somma è insignificante rispetto alle enormi difficoltà di Venezia, lo avrei accolto con ragionevole comprensione.

Invece, la sua risposta sfugge completamente a ogni logica: sostiene che la cifra è troppo esigua se confrontata con la dichiarazione dei redditi di Jeff Bezos. Non e' beneficenza se ti avanzano i soldi da donare in beneficenza. Aha. La beneficenza che rende poveri e' l'unica che vale? Che diavolo sta cercando di dirci ?

Ma mi domando, dov’è la coerenza? Se il problema è la quantità insufficiente rispetto alle esigenze della città, perché paragonarla al patrimonio personale di Bezos? Che relazione ha un dato con l’altro? Un ragionamento del genere suona come un tentativo maldestro di confondere le acque, e lascia il lettore in preda a un senso di sconcerto più che a una comprensione sensata.

Faccio presente, peraltro, che Bezos sta pagando tre milioni di euro non come una generosa elargizione, ma semplicemente per riparare al disturbo che il suo evento provoca in una città come Venezia. Un luogo pubblico che, per inciso, gli garantirebbe ogni diritto di soggiornarvi, a patto che vengano rispettate le leggi e le normative vigenti. Legge alla mano, Bezos ha il diritto di stare a Venezia, quanto chiunque altro, e qualsiasi altro turista.

Non ci sono più limiti, nemmeno in laguna, per chi è ricco? «Il denaro è l’ultimo dio dell’umanità e se parliamo di oro Venezia non è un’isola. Ma se l’oro è dio, il muro della democrazia crolla. Il matrimonio veneziano di Bezos non può essere aperto e democratico: per questo dimostra che mattone dopo mattone il muro sociale dell’Occidente viene giù».

Ma di cosa stiamo parlando, esattamente? Finché si rispettano le leggi, chiunque — anche il più ricco — ha il diritto di andare a Venezia e celebrare un matrimonio. Mi chiedo quindi cosa c’entri in tutta questa vicenda il mantra per cui “l’oro è dio”, o cosa diamine si intenda con quel nebuloso “muro della democrazia”. O ancora, che senso abbia il cosiddetto “muro sociale”, altra misteriosa entità che pare più un costrutto retorico che una realtà tangibile. Edilizia dadaista.

In che modo tutto questo si collega al fatto che Bezos sta semplicemente facendo ciò che qualsiasi turista, indipendentemente dal suo censo, ha il pieno diritto di fare? Perché mai Venezia dovrebbe essere vietata ai ricchi? E, soprattutto, per raggiungere quali obiettivi?


Ho sempre nutrito una certa diffidenza nei confronti dell’“intellighenzia” di sinistra, senza troppi giri di parole. Oggi è Cacciari a vestire quei panni, un tempo era Nanni Moretti, e sinceramente ho sempre rifiutato l’eredità di Pasolini.

Questo perché, per quanto di tanto in tanto possa sfuggire a questi intellettuali qualche frase sensata, subito dopo si perdono in discorsi che rivelano di non aver davvero compreso ciò che hanno appena detto, come se quella saggezza non fosse mai stata veramente farina del loro sacco. Anzi, quel che ne scaturisce è una pioggia incessante di sciocchezze, un vero e proprio diluvio verbale che li porta a spalancare la cerniera e… a pisciare addosso al pubblico.

Davvero vogliamo chiamare “intellettuale” chi si comporta così?

Che cosa sappiamo, dopo aver letto quest’intervista, che prima non sapevamo? Che cosa abbiamo capito, di preciso, che prima non capivamo?

Perché mi chiedo, sul serio, di cosa stiamo parlando?

Tutto quel che abbiamo letto non è altro che una sbrodolata di supercazzole prematurate e prive di senso, in cui Cacciari dimostra di non saper seguire il filo logico di una conversazione. Mescola argomenti che non hanno nulla a che vedere l’uno con l’altro, si inventa complotti immaginari contro valori sacri, e si perde in chiacchiere su “identità murarie” che nessuno riesce a comprendere. Il “muro della democrazia”, per esempio. Ah, certo. Perché non lo spostiamo tre metri più a destra, così facciamo spazio a una bella libreria della democrazia?

Quello che lascia più perplessi è la confusione che trasuda da ogni sua risposta, un vero e proprio pasticcio verbale in cui niente si tiene insieme. Si passa da Meloni a Trump, dalla Russia allo sbarco americano, da Vegezio a Bezos e Putin, tutto in un unico calderone indistinto. E poi “LORO” che organizzano un complotto contro i valori sacri.

Caro Cacciari, ti faccio notare che stiamo parlando del matrimonio di Bezos a Venezia, ricordi? Non si tratta di Carlo Magno, né di Ivo Balboni, per quanto la tua fantasia sembri tentata di infilare anche loro nel discorso.

A questo punto, potresti pensare: “Beh, sarà almeno coerente nelle sue conclusioni.” E invece no. La vera sorpresa è che, nonostante tutto questo caos verbale, non si arriva mai a una risposta chiara o a un ragionamento compiuto. È come se la nebbia fitta che avvolge le sue parole fosse funzionale a nascondere l’assenza di contenuti concreti.

Se pensavate di trovare un minimo di chiarezza o un punto fermo, preparatevi a restare delusi. Ma, a dire il vero, è proprio questa incapacità di darsi un senso che rende l’intervista un piccolo capolavoro di grottesco surreale, degno di un teatro dell’assurdo.

Continuate a leggere, dunque, se vi va di assistere a un perfetto esempio di come si possa parlare tanto e dire nulla, con grande stile e un’apparente erudizione.


E così, caro Cacciari, visto il contributo fin qui offerto alla discussione, mi viene da pensare che forse sarebbe più produttivo – o quantomeno più coerente – se lei prendesse un turno al McDonald’s, servendo un Big Mac, una cola ghiacciata e delle patatine.

Almeno, se ne trarrebbe un minimo di utilita'.

E prima di lasciarvi, sappiate che Cacciari e' anche su ChatGPT:

cacciari

Uriel Fanelli


Il blog e' visibile dal Fediverso facendo il follow a: @uriel@keinpfusch.net

Contatti: