Consenso Libero e attuale.

Consenso Libero e attuale.
Photo by simon frederick / Unsplash

È finito il giorno del delirio donnista, e alla fine dei conti accade sempre la medesima cosa: "È colpa dei maschi", e via, si butta la palla oltre la staccionata. Non mi riferisco alla storia del reato di femminicidio, che è passata – e potrebbe avere delle giustificazioni nelle statistiche criminali – ma alla questione del consenso libero e attuale, che per fortuna non è passata in parlamento.

Il problema che ho riguardo al "consenso libero e attuale" è che viene espresso in maniera retorica, un po' come l'ordine di Cadorna di "piazzare le mitragliatrici in maniera geniale". Bene, suona magnificamente, ma sul piano operativo cosa significa? E perché nessuno si decide a definire cosa sia, sul piano del povero tizio in tribunale, questa linea rossa che avete tracciato?

Concettualmente è tutto chiaro. Tutti abbiamo in mente un'idea di libero e un'idea di "attuale". Anche se "attuale" come espressione è più giuridica, altrimenti sarebbe "ancora valido". Ma anche così, il problema rimane: bene, avete tracciato una linea rossa, solo che ad alcuni non appare rossa, ad alcuni non appare affatto, ad alcuni sembrava di non averla superata.

E quindi, come la si certifica? Risposta: fa testo il libero convincimento del giudice. Nel senso che poi ci sarà l'accusa che scrive il suo romanzetto diffamatorio, la difesa che procede alla santificazione, e tutto dipende dalle orecchiette al pesto che il giudice ha mangiato quel giorno.

E il problema con questo concetto non è solo italiano, se qualcuno crea una cosa simile in Olanda:

Sex on the Blockchain: New Dutch app makes explicit sexual consent easy
People in the Netherlands who want a way of recording their sexual partners’ explicit consent to various sex acts can now utilize a new blockchain-based app called LegalFling. Launched by Amsterdam software development firm LegalThings on Thursday, the app requests and records explicit mutual consent to sexual contact between different users.

Il problema nell'usare definizioni astratte come "Libero" e "Attuale" in una formula giuridica del codice penale è proprio che ne seguono automaticamente delle domande.

Di preciso, cos'è la prova del fatto che il consenso fosse "libero"?

Di preciso, cos'è la prova del fatto che il consenso fosse ancora valido?

Vale a dire, cosa accade adesso nelle aule di tribunale?

Le definizioni che abbiamo non sono neppure definizioni:

Il consenso è considerato chiaro quando viene espresso attraverso un comportamento o una comunicazione inequivocabile che manifesti la libera volontà della persona di partecipare all'atto sessuale.

D'accordo. In principio va bene. Ma quando, esattamente, una comunicazione è inequivocabile? Nei miei anni universitari, una volta andai a prendere una persona che credevo un'amica per andare ad una festa, e lei mi si presentò alla porta praticamente in guepière. Ma non mi disse che voleva fare sesso. Era "inequivocabile"? Era arrivato in anticipo e non aveva fatto in tempo a vestirsi? In che modo questo è "inequivocabile"? Sul piano del buon senso sembrerebbe chiaro, o almeno così appare, ma come faccio a distinguere quella scelta da una qualsiasi libera scelta nel campo dell'abbigliamento? Dopotutto, ho visto cantanti punk usare lo stesso abbigliamento sul palco. Erano maschi e NON volevano sedurre.

Il concetto di "comportamento o una comunicazione inequivocabile" si riferisce a segnali, verbali e non verbali, che non lasciano spazio a dubbi sulla volontà della persona di partecipare a un atto sessuale.

Anche qui c'è il problema di "non lascino spazio a dubbi". D'accordo, ma dove comincia esattamente la linea da non superare? Il problema è che IO non devo avere dubbi? Chi non deve avere dubbi? Il giudice? Lei? Io? Il cane?

E come si dimostra, qual è la prova in questi casi?

L'accertamento del fatto che un comportamento non lasci spazio a dubbi sulla volontà di partecipare a un atto sessuale è un'analisi che viene effettuata caso per caso, basandosi su una valutazione oggettiva e contestuale di tutti gli elementi disponibili.

Questa, mi dispiace, equivale a dire "decide il giudice", o peggio "dipende da quanto bravi sono gli attori a mentire", oppure "dipende da quanto bravo è il magistrato a scrivere un romanzetto diffamatorio", o peggio ancora, dipende da come eravate vestite.

Perché nel momento in cui si dice che occorre analizzare, anche l'abbigliamento diventa elemento di giudizio.

Poi si va anche sul delirio, del tipo:

L'accertamento del consenso si basa su una valutazione oggettiva e contestuale di tutti gli elementi di fatto disponibili… esempio: Tono di voce: Un "sì" sussurrato per paura o con un tono di sottomissione può non essere considerato libero e quindi non valido, a differenza di un tono entusiasta e partecipe.

Ora, la soluzione immediata e razionale al problema sarebbe semplice. Se il problema è che stabilire che il consenso DEBBA essere libero e attuale porta, sul piano operativo, alla necessità di dover chiarire ogni ambiguità, quello che si dovrebbe fare sarebbe di IMPORRE CHE IL CONSENSO SIA CHIARO. Oppure, in alternativa, scoraggiare attivamente l'invio di messaggi ambigui.

Stiamo spostando il paradigma da "non ha detto di no, quindi potevi procedere" a "non ha detto di sì, quindi dovevi fermarti". Molto bene. Se ha senso sul piano logico, si può fare. Ma perché abbia senso sul piano logico, occorre che il SÌ sia chiaro e inequivocabile.

Se preferite, "no" vuol dire "no" soltanto se "sì" vuol dire "sì".

E qui torniamo al discorso dell'arretratezza culturale. Torniamo al discorso che abbiamo aperto una possibilità che prima non esisteva. Vale a dire, stiamo dicendo alle donne "se non fai niente guadagni il diritto di goderti la scopata e poi sbatterlo in galera".

Si uscirebbe facilmente dal problema se la legge imponesse che, negativo o positivo, il consenso sia anche chiaro e attivo.

D'accordo, se non c'è il "sì" esplicito si deve fermare tutto, e parimenti se c'è il "no" chiaro ed esplicito si deve fermare tutto. Ma nella realtà quasi sempre questo consenso è fatto di segnali ambigui e difficili da interpretare, situazioni che si collocano in una zona grigia.

È evidente che non c'è più spazio per la zona grigia.

E sarebbe sensato che il legislatore agisse di conseguenza, vietando l'uso di segnali ambigui, così come si faceva con la vecchia legge sull'adescamento.


Una volta, parlando con colleghi svedesi della Ericsson, quando lavoravo nel mondo delle telecomunicazioni, mi capitò di dire che dopo il caso Assange in Svezia, per come la vedo io, non ci sono più donne. Tutti gli svedesi insorsero. Dicendo tutti, ovviamente, la stessa cosa, perché la Svezia è un coro di persone che cantano tutti la stessa canzone, e al massimo la libertà di opinione consiste nel cantare la canzone con una voce diversa.

E ovviamente, tutti insieme, non capivano lo stesso concetto, tutti sordi allo stesso modo, nella stessa maniera selettiva.

Quello che non capivano, e che si finge di non capire, è semplice:

Il processo è già una punizione.

Tornare dalla Svezia con un'accusa di violenza assolutamente immotivata come quelle rivolte ad Assange, anche se venissi assolto, sarebbe comunque la fine della mia vita professionale e sociale. E ne sanno qualcosa le vendicatrici del web, quelle femministe che si erano messe a tormentare un tizio cercando di distruggergli la vita: non serve nemmeno il processo.

In queste condizioni, vale a dire, la domanda che mi si pone è "ma chi me lo fa fare di rischiare così"?

Buttare la palla dal lato dei maschi, insomma, può sembrare liberatorio, ma alla fine non libera proprio nessuno. Certo, se hai quattordici anni e gli ormoni a palla, probabilmente non ti porrai la domanda (ma se è per questo, in quelle condizioni mentali non ascolterai né il sì né il no). Ma se l'età ti ha liberato da questa maledizione, e rimani razionale, il risultato è semplicemente questo:

Se l'albergo una sauna o un centro benessere, ti conviene passare il tempo lì e lasciar perdere la stronza che ti manda segnali ambigui nella hall. Il rapporto tra piacere e rischio è di gran lunga sfavorevole.


Qui, appunto, il problema si materializza proprio in questo modo: il rapporto tra piacere e rischio.

Quando mi successe quello che ho raccontato, e la ragazza in questione venne ad aprirmi in guepière, valutai ovviamente il rischio basso – qualsiasi giudice mi avrebbe dato ragione – e il piacere alto. Ma il problema è che con la legge proposta, il rischio rimarrebbe altissimo: l'abbigliamento di per sé non è, al di là di qualsiasi dubbio, un "sì".

Se dovessi stimare oggi, con la legge che fortunatamente non è passata, il rischio di fare delle avance in quelle condizioni, lo avrei classificato come "alto", e quindi avrei semplicemente girato le spalle. Perché rischiare il carcere? Magari aveva caldo, che ne so io? E poi, sembra che chiedere ad una come era vestita sia un insulto, quindi "mi è venuta ad aprire la porta vestita solo in guepière e calze" diventerebbe un argomento nullo.

Adesso arrivano le solite ritardate a dire che "io sono un maschio confuso", ma mi sa proprio che non lo sono: onestamente, mi è chiarissimo che le mie azioni devono valutarsi in base ad un rapporto "piacere/rischio", e adesso il rischio è sempre troppo alto.

E non sono l'unico a pensarlo. Nel periodo in cui andava di moda accusare di essere un "guardone da palestra" qualsiasi maschio avesse gli occhi, la palestra dove vado ha reagito così:

Ha isolato le donne impedendo il contatto, con una scusa decisamente accattivante. Una soluzione estrema, ma serviva ad evitare la fuga di clienti uomini. E dire che, onestamente, in Germania è vietato riprendere una persona, anche se "guardone", e sbatterla sui social. Questa persona vincerebbe sicuramente il processo. Ma...

Il processo è già una punizione.

Non sono decisamente "confuso", anzi, la mia analisi è assolutamente precisa. In questa area giudiziaria, il problema non è l'ESITO del processo, il problema è la sua esistenza.

Non me ne importa nulla sapere che se entrassi in palestra e una tizia mi riprendesse quando guardo nella sua direzione e mi accusasse di essere un guardone da palestra, allora vincerei perché quel tipo di ripresa è vietato. Perché il problema non è sapere che vincerei. Il problema è che andrei a processo.

Allo stesso modo, nei casi di stupro, non mi interessa sapere che se andassi a processo vincerei. Mi interessa il fatto che andrei a processo, perché il processo, appunto, è già una punizione.


Esistono metodi per uscirne? Ne vedo diversi. Per esempio, imporre che i processi siano riservati, almeno sino a quando non si arriva alla sentenza definitiva, in modo che a quel punto il fatto di vincere conti davvero.

Oppure imporre che i segnali siano chiari ed espliciti. Non so se sia possibile giuridicamente scrivere qualcosa che abbia senso in tal senso, quindi soprassiederei.

In assenza di queste misure, il maschio razionale dovrà ogni volta fare un ragionamento molto logico: calcolare il rapporto tra piacere e rischi.

E nel novantanove percento dei casi, se passano leggi simili, un bel bicchiere di vino è molto, molto preferibile ad un'occhiata seducente nella hall di un albergo. Specialmente se l'albergo ha un centro benessere, e il vino è decente.

Questa è la lezione del caso Assange. E nemmeno impedire alle intelligenze artificiali di fare revisione dell'articolo, con la scusa dei limiti etici, mi farà scrivere cose diverse.

"No" vuol dire "no", solo quando "sì" vuol dire "sì".